Davita

Da EU wiki.

Leggere “L’Arpa di Davita” è un modo per avvicinarsi all’Yiddishkeit, il modo ebraico, attraverso gli occhi e la mente intelligente e curiosa di una bambina che, diventando adolescente, ha anche modo di sperimentare personalmente la posizione femminile all'interno della comunità ebraica.[1]

Davita è ebrea dalla nascita perché sua madre è ebrea, ma non è mai vissuta all’interno di una comunità ebraica. Davita entra per la prima volta in una sinagoga di Shabbos, per caso e per curiosità, di nascosto dai genitori, seguendo i suoi vicini di casa. È la prima di una serie di visite in cui Davita scopre feste ebraiche come il bar mitzvah, e tutti i loro rituali: i mantelli bianchi degli uomini, il rotolo portato in processione, le candele accese, la recita delle preghiere col movimento ondeggiante del corpo, la divisione della sinagoga in due spazi, quello per gli uomini e quello per le donne.

Le vicende raccontate nel romanzo si svolgono negli anni '30, a New York. Ilana Davita Chandal è una bambina singolare perché ha una famiglia singolare: i genitori sono entrambi comunisti militanti. Il padre, Michael Chandal, è un cristiano non credente che scrive per un giornale di sinistra, la madre, Channah, che proviene dall’Europa, è un’ebrea non praticante, che fa l’assistente sociale e l’insegnante d’inglese. Ecco perché Ilana Davita (femminile di Davide), non conosce né il senso né il valore delle sue origini ebraiche.

Gli Chandal traslocano di continuo, ma portano sempre con sé una foto di tre cavalli su una spiaggia: “Stalloni sulla Prince Edward Island” e un’arpa eolia: “Per quanto risalga nel ricordo, un’arpa eolia era appesa alla porta d’ingresso”, racconta Davita. L’arpa e la musica che ne scaturisce ogni volta che la porta si apre, rappresentano la casa e il mondo di Davita. Un mondo ricco di stimoli: politica, storia, religione, letteratura. La zia Sarah, che è cattolica ed è stata infermiera volontaria in Etiopia, avvicina Ilana alle preghiere e al Natale. La zia Sarah è una figura centrale nella vita di Ilana. A lungo e con amore l'ha curata durante una malattia portandola a casa sua. Mentre la madre di Davita, tutta presa dalla politica è una figura più distante, la zia Sarah è molto vicina al cuore di Ilana.

L’amico della madre , Jacob Daw, scrittore ebreo, che osteggia ed è osteggiato dal potere tanto da non ricevere più il visto per ritornare in America dall'Europa, racconta a Ilana favole originali dal forte valore metaforico. Le favole raccontano di un cavallo diverso dagli altri cavalli, che parte alla ricerca di altri come lui, o di un uccello che va al di là dell’oceano alla ricerca della sorgente della musica, ma che vedendo stragi e guerre decide di fare ritorno, sempre alla ricerca della musica.

Quest’ultima favola e la morte del padre avvenuta nel 1937 durante i bombardamenti di Guernica, nel tentativo di salvare una suora, ritornano sempre nei pensieri e nelle fantasticherie di Davita, e si “materializzano” nella visione, al Museo, del quadro con cui Pablo Picasso raffigura la tragedia della città spagnola. Un quadro bianco, nero e grigio in cui la ragazzina immagina di entrare e di salvare un uccellino, piangente, portandolo via dal toro, dal cavallo, dalle macerie.

Davita, che si è ormai avvicinata all’ebraismo, per istinto e per necessità reciterà il Kaddish alla morte del padre: uno scandalo per la comunità perché il Kaddish è una preghiera funebre che non è permessa alle donne. Davita, così come Channah, sua madre, reagisce criticamente alle regole e alle leggi che non permetterebbero alle donne di recitare preghiere e di eccellere nell’interpretazione della Bibbia. Anche Chandal reciterà il Kaddish per la morte di Jacob Daw.

Dopo la morte del marito, Channah, sposa Ezra Dinn, padre di David. Ilana e David diventano amici.

Davita diventa un’eccellente studentessa della scuola ebraica, la migliore, ma non avrà il premio Akiva per l’interpretazione delle Sacre Scritture, perché i membri dell’amministrazione della scuola temono uno scandalo. “Saremmo l’unica yeshiva con una ragazza in testa a tutti i diplomandi. Il tuo nome e la tua foto apparirebbero su tutti i giornali. Cosa penserebbe il mondo dei nostri ragazzi?”, spiega a Davita un professore.