Immigrati in Italia

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Quanti immigrati ci sono in Italia e a che titolo[modifica]

Gli immigrati in Italia.

Gli stranieri residenti in Italia al 1° Gennaio 2018 sono circa 5 milioni (più o meno in numero uguale uomini e donne). [1] Di questi lavorano regolarmente circa la metà (Rapporto Fondazione Moressa). [2] Fra i migranti si calcolano anche i rumeni (circa 1.200.000), che essendo cittadini UE non sono extracomunitari. Pur non facendo parte degli accordi di Schengen il loro ingresso in Italia è praticamente libero.

Gli irregolari (inclusi i clandestini ) sono circa 500.000 (XXIII rapporto della Fondazione Ismu sulle migrazioni 2017). [3] I richiedenti asilo sono circa 250.000. Si calcola che di questi circa la metà sono migranti “economici” e non “politici”. [4] (Fig. Gli immigrati in Italia.)

Il confronto delle due immagini seguenti è significativo. La prima è quella che probabilmente la gente ha in mente quando si parla di migranti. I media, infatti, parlano soprattutto di sbarchi. Inoltre un migrante nero è più riconoscibile, anche per strada, da uno bianco. Invece la seconda immagine dice che, a parte il Marocco, la maggior parte degli immigrati in Italia non è di origine africana.[5]

Sbarco di migranti
Paesi di origine e caratteristiche

Nel 2018 i paesi d’origine dichiarati al momento dello sbarco sono stati i seguenti:[6]

Sbarchi 2018 - Paesi d’origine.
La traversata.

Tipologie di immigrati[modifica]

Gli immigrati che sbarcano o comunque arrivano in Italia sono tutti nella stessa condizione? Quando arrivano sì, perché il loro ingresso in Italia non è “regolare”. Alcuni hanno diritto a restare, altri no: il loro status deve quindi essere verificato caso per caso. Vi sono appositi centri e procedure per fare questa verifica. Tuttavia nei media e nel parlare comune gli immigrati si indicano con vari termini usati quasi come sinonimi. Ciò crea confusione e alimenta un senso di spaesamento se non di paura fra la nostra popolazione. È quindi opportuno cercare di fare un po’ di chiarezza terminologica.

  • Migrante - Di solito si applica alle persone che decidono di spostarsi liberamente per ragioni di “convenienza personale” e senza l’intervento di un fattore esterno. Questo termine si applica quindi a persone che si spostano in un altro paese o in un’altra regione allo scopo di migliorare le loro condizioni materiali e sociali, le loro prospettive future e quelle delle loro famiglie.
  • Migrante regolare - Chi ha un visto d’ingresso e un permesso di soggiorno, rilasciati dall’autorità competente.
  • Migrante irregolare - Chi è entrato regolarmente – per esempio con un visto turistico – ma è rimasto nel paese anche dopo la scadenza del visto, o ancora se non ha lasciato il paese dopo l’ordine di allontanamento.
  • Clandestino - Chi è entrato evitando i controlli di frontiera.
  • Rifugiato - La Convenzione di Ginevra dice che il rifugiato è una persona che «nel giustificato timore d’essere perseguitato per la sua razza, la sua religione, la sua cittadinanza, la sua appartenenza a un determinato gruppo sociale o le sue opinioni politiche, si trova fuori dello Stato di cui possiede la cittadinanza e non può o, per tale timore, non vuole domandare la protezione di detto Stato». Il rifugiato è anche una persona che «essendo apolide e trovandosi fuori dei suo Stato di domicilio in seguito a tali avvenimenti, non può o, per il timore sopra indicato, non vuole ritornarvi».
  • Richiedente asilo - Chi ha fatto richiesta di asilo, sulla quale non è ancora stata presa una decisione dalle autorità competenti.
  • Migrante economico - Persone che si spostano per motivi economici.
  • Extracomunitario - Persona che non cittadina di uno dei ventotto paesi UE. Termine di per sé neutro, ha finito per assumere una connotazione negativa.
  • Profugo - Chi per diverse ragioni (guerra, povertà, fame, calamità naturali, ecc.) ha lasciato il proprio paese ma non è nelle condizioni di chiedere la protezione internazionale di “rifugiato”.
  • Apolide - Chi non ha la nazionalità di alcun paese. Vive una situazione di perenne irregolarità e può, di conseguenza, essere soggetto a periodi di detenzione amministrativa e ordini di espulsione.
  • Sfollato - Chi ha abbandonato la propria casa a causa di eventi eccezionali (carestie, per esempio), ma non ha attraversato un confine internazionale.
  • Beneficiario di protezione umanitaria - Chi non ha i requisiti per essere riconosciuto “rifugiato”, ma potrebbe subire violenze o persecuzioni se fosse rimpatriato.[7]

Gli sbarchi in Italia[modifica]

Popolazione italiana per condizione.

Come arrivano gli immigrati in Italia? Per quanto riguarda gli africani la via del mare è la più usata e la più presente nei media. Ciò è dovuto al fatto che le coste italiane (e l’isola di Lampedusa) sono le più vicine all’Africa. Gli immigrati dal Medio-Oriente usano invece di più la cosiddetta “via balcanica”.

Per alcuni anni gli sbarchi dall’Africa (soprattutto partendo dalla Libia) sono stati un fenomeno imponente quanto drammatico e spesso tragico.

Ultimamente, però, gli sbarchi sono in diminuzione: nel 2016 sono stati 118.436, nel 2017 119.989 e fino ad Agosto del 2018 19.569. Questa diminuzione è dovuta a diversi fattori. Non ultimo l’accordo di Dublino, che obbliga gli immigrati a restare nel paese in cui sono arrivati. E non molto di loro hanno come meta ultima l’Italia, preferendo i paesi del Nord Europa, in cui ora cercano di arrivare per vie diverse da quella della traversata mediterranea con arrivo in Italia.

Questo sito dà notizie dettagliate su numeri e provenienza (attingendo soprattutto dai dati dell’UNHCR - United Nations High Commissio for Refugies). [8]

Fra le altre informazioni il sito dà questo quadro della popolazione italiana, inclusi gli immigrati (ma su questo avremo modo di parlare più avanti).

Procedure legali e percorsi di fatto per gli immigrati in Italia[modifica]

Le note che seguono sono tratte dal sito de ilpost[9]. In proposito c’è una road map del ministero degli Interni del 2015.[10] Nell’ottobre 2018 il Consiglio dei Ministri ha approvato il testo di un “Decreto Sicurezza” che in parte modifica il sistema in vigore.

Prima accoglienza[modifica]

Chi arriva sui barconi viene mandato in un hotspot dove viene identificato, schedato e fotosegnalato. Quelli che non vogliono fare richiesta di asilo (o non possono farlo perche giudicati senza requisiti) dovrebbero finire nei CIE (Centri di identificazione ed espulsione) e ricevere un decreto di respingimento. Chi invece fa domanda di asilo (magari già al momento del soccorso in mare) viene mandato in un hub regionale. Entro 30 giorni dovrebbero essere inseriti nello SPRAR (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), che sono invece strutture di seconda accoglienza. Se gli SPRAR sono pieni, vengono inviati ai CAS (centri di accoglienza straordinaria), una specie di replica degli hub, gestiti dalle associazioni e cooperative che rispondono a un bando del ministero dell’Interno.

Seconda accoglienza[modifica]

Percorsi di accoglienza.

Gli SPRAR sono centri gestiti da associazioni in collaborazione con i comuni dove si trovano, in attesa che la Commissione Territoriale competente, entro 180 giorni, valuti la loro domanda di asilo e decida se accettarla o meno. Sa l’accetta l’immigrato rientra nelle quote di indirizzamento verso altri paesi UE. Se la rifiuta, c’è il provvedimento di respingimento, contro cui si può fare ricorso.

Questo in teoria, perché anche a causa dell’intensificazione dei flussi migratori del 2015, l’intero sistema è ingolfato. Gli SPRAR esistenti sono pieni e i richiedenti asilo vi rimangono più tempo del previsto, anche a causa delle lentezze delle commissioni territoriali. Inoltre i comuni sono restii a partecipare a progetti che potrebbero portare all’apertura di nuovi SPRAR, visto il costo politico che una decisione di questo tipo potrebbe comportare.

Accoglienza alternativa per i migranti[modifica]

Accoglienza a Trieste.

Il sistema SPRAR fa difficoltà nell’entrare a regime. E non è affatto detto che sia l’unica soluzione o la migliore per accogliere i migranti. C’è chi sta provando qualcosa di diverso. Ecco alcuni esempi.

“Accoglienza diffusa”[modifica]

A Trieste l’ICS[11] ha preso in affitto un certo numero di appartamenti in cui i migranti vivono in modo autonomo. E così fanno altre associazioni in Friuli Venezia Giulia e in altre regioni come il Lazio, dove c’è il progetto “Fare casa insieme”[12]

“Fare sistema oltre l’accoglienza”[modifica]

È un programma che ha come scopo l’inserimento di giovani e adulti, minorenni e maggiorenni, stranieri ed italiani in contesti socio-lavorativi esistenti sul territorio attraverso

una rete nazionale, fatta di famiglie, aziende, associazioni ed anche istituzioni. Il programma prevede varie iniziative rivolte anche ai minori stranieri non accompagnati (MSNA).[13]

Il “modello Riace”[modifica]

La valle accogliente.

Dal 2004 il paese e in particolare il centro storico ormai spopolato hanno concesso ospitalità a oltre 6mila richiedenti asilo provenienti da venti diverse nazioni, integrandoli nel tessuto culturale cittadino e inserendoli nel mondo del lavoro del piccolo borgo, ridando di fatto alla città di Riace una nuova vita. Nel borgo calabrese da tempo si pratica il sistema dell’accoglienza diffusa, con i migranti ospitati in appartamenti indipendenti.[14]

“La valle accogliente”[modifica]

È un libro che parla della realtà d’inserimento dei migranti nelle comunità del Cadore, dove svolgono attività di manutenzione del territorio.[15] È un esempio di come l’emergenza possa trasformarsi in un’opportunità per aree in difficoltà economica e demografica.[16]

Per informare e sensibilizzare la popolazione sui problemi dei migranti e sulle opportunità che possono essere loro offerte la Regione Piemonte ha pubblicato un vademecum che si può scaricare in formato PDF dal sito della Regione.[17]

Che lavoro fanno gli immigrati[modifica]

Occupati per tipologia di lavoro.

In Italia ci sono circa 5 milioni di stranieri regolari e circa 500.000 irregolari. Che lavoro fanno? Le statistiche riguardano solo i primi e di questi dicono che circa la metà ha un regolare rapporto di lavoro, generalmente in settori a bassa specializzazione. Fra i domestici gli stranieri sono la maggioranza (74%) e stranieri sono circa la metà delle badanti e dei venditori ambulanti. Il 40% dei pastori, boscaioli e pescatori sono stranieri. Stranieri sono circa un terzo dei braccianti agricoli, degli operai edili e degli addetti alle pulizie, mentre sono circa un quarto dei addetti al facchinaggio e alla pitturazione degli edifici.

E l’altra metà degli stranieri regolari nonché i clandestini cosa fanno? Qualcuno studia, qualcuno lavora in casa propria, qualcuno è in cerca di lavoro o aspetta di essere regolarizzato e qualcuno... lavora in nero.[18]

Cause delle migrazioni attuali dai paesi d’origine[modifica]

Il motivo principale delle migrazioni è il divario fra paesi poveri e paesi ricchi. A questo motivo si aggiungono le guerre in corso in vari paesi. [19] Teoricamente solo questo secondo motivo dà diritto di rimanere come richiedenti asilo, mentre i “migranti economici” dovrebbero essere respinti.[20]

Gli sbarchi in Italia nel 2016.

Diritti fondamentali degli immigrati[modifica]

Occorre distinguere fra immigrati regolari e irregolari. A questi ultimi sono riconosciuti soltanto i diritti fondamentali della persona umana previsti dalle norme di diritto interno, dalle convenzioni internazionali in vigore e dai principi di diritto internazionale generalmente riconosciuti. Se minori hanno diritto allo studio. Lo straniero regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato gode inoltre dei seguenti diritti:

Diritti civili normalmente attribuiti al cittadino italiano, salvo diverse disposizioni previste dalle convenzioni internazionali in vigore per l'Italia e dal Testo Unico in materia di immigrazione.

Diritto alla salute condizionati all’iscrizione obbligatoria al Servizio Sanitario Nazionale.

Diritto alla tutela giusrisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi, nei rapporti con la pubblica amministrazione e nell'accesso ai pubblici servizi. Ai fini della comunicazione dei provvedimenti concernenti l'ingresso, il soggiorno e l'espulsione, gli atti sono tradotti in una lingua comprensibile al destinatario, ovvero, quando ciò non sia possibile, nelle lingue francese, inglese o spagnola, con preferenza per quella indicata dall'interessato.

Diritti dei lavoratori con parità di trattamento e piena uguaglianza di diritti rispetto ai lavoratori italiani.

Diritto all'unità familiare attraverso il ricongiungimento al coniuge, ai figli, ai genitori carico.

Diritto alla partecipazione alla vita pubblica locale.

Protezione diplomatica prendendo contatto con le autorità del Paese di cui è cittadino, a meno che abbia richiesto asilo politico.

Diritto all'alloggio con accesso alle liste per gli alloggi di edilizia pubblica e ai servizi offerti da agenzie sociali.[21]

Il sistema giuridico e burocratico italiani sono di difficile accesso e uso non solo da parte degli immigrati. Soprattutto per questi ultimi è necessaria l’assistenza di un legale o di un centro sociale.[22]

Il viaggio per emigrare[modifica]

Le rotte africane verso l'Italia. Fonte: UNICEF

Queste sono le principali rotte percorse dai migranti africani per arrivare in Italia. I recenti accordi con la Libia, hanno spostato molti migranti verso le coste del Marocco e della Tunisia.

Lungo queste rotte muoiono molti più migranti di quelli che affogano nella traversata sui barconi. Di questi ultimi si hanno i numeri (seppure incompleti), mentre dei primi non si sa quasi nulla. [23] La causa maggiore di decessi nel deserto è legata all’ambiente ostile, alla vetustà e sovraffollamento dei mezzi di trasporto e all’indifferenza dei corrieri. Ma traversare il deserto è un viaggio pieno di altri pericoli

Ad ogni passaggio di frontiera o ai posti di blocco molti migranti vengono costretti in campi di detenzione sovraffollati, dove spesso sono sottoposti a estorsioni, violenze, stupri e altri abusi sistematici, mentre alcuni di essi sono venduti all’asta come ai tempi della schiavitù.[24] Nel Sud Sudan operano gruppi ben organizzati che rapiscono i migranti per chiederne il riscatto alle famiglie oppure li uccidono per venderne gli organi. Un giornalista italiano si è mescolato ai migranti, fingendosi uno di loro, e ha documentato tutti i drammi e le tragedie del viaggio. [25]

Tre storie[modifica]

Ayaan Hirsi Ali[modifica]

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Ayaan Hirsi Ali è nata a Mogadiscio nel 1969. Alla vigilia della guerra civile in Somalia la sua famiglia si rifugia in Kenia. Qui, secondo la tradizione somala, il padre sceglie per lei un marito che vive in Canada e che lei deve raggiungere. Ayaan si ribella e durante una sosta dell’aereo in Olanda chiede asilo in questo paese. Qui completa gli studi e si laurea in scienze politiche. Nel 2002 viene eletta al Parlamento olandese con il "Partito Popolare per la Libertà e la Democrazia". Dopo l’uccisione del regista Theo van Gogh per mano di un fanatico mussulmano, l’attività di Ayaan a favore delle donne soprattutto islamiche mette in imbarazzo le autorità olandesi che, con un cavillo legale, le tolgono il seggio in Parlamento e intorno a lei si crea un clima di ostilità che la costringe ad emigrare negli Stati Uniti. Qui continua la sua lotta per l’emancipazione delle donne mussulmane.

Nel 2006 racconta la sua vita in un libro: “Infedele”, pubblicato in Italia l’anno seguente da Rizzoli, a cui poi fanno seguito altri libri.

Saamiya Yusuf Omar[modifica]

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Saamiya Yusuf Omar è nata a Mogadiscio nel 1991. Da sempre ha la passione e l'attitudine per la corsa, ma deve allenarsi di nascosto la notte, perché alle donne in Somalia non è consentito farsi vedere senza il velo. Dopo aver vinto tutte le gare per dilettanti somale, inizia a partecipare a gare per professionisti con l'aiuto del centro olimpico somalo. Nel 2008 gareggia nei 100 m piani ai Campionati africani di atletica leggera e nello stesso anno partecipa alle Olimpiadi di Pechino. In entrambi i casi arriva ultima, ma vuole rifarsi alle Olimpiadi di Londra del 2012. Non avendo il visto per entrare in Europa decide di tentare la rotta “mediterranea” dei clandestini. Attraverso l’Etiopia e il Sudan raggiunge la Libia dove nell’Aprile del 2012 si imbarca per Lampedusa. Ma quella barca non è mai arrivata.

La sua storia è raccontata da Giuseppe Catozzella, “Non dirmi che hai paura” edito da Feltrinelli nel 2014.[26]

Bilal[modifica]

Fabrizio Gatti.jpg

Col nome di Bilal Fabrizio Gatti ha vissuto in prima persona la drammatica e spesso tragica esperienza di chi cerca di arrivare dall'Africa all'Europa attraverso il deserto e il mare. Racconta la sua storia in un libro pubblicato da Rizzoli nel 2007 col sottotitolo “Viaggiare, lavorare, morire da clandestini”.[27]

Il libro parla dei viaggi in camion sovraffollati, che spesso lasciano dietro di sé qualche sfortunato oppure, quando “naufragano” nella sabbia del deserto, tutti quelli che si erano affidati a vecchi automezzi.

Descrive il drammatico passaggio dai posti di blocco, dove ogni volta tutti devono pagare tangenti ai soldati di guardia. Se non hanno soldi gli uomini vengono trattenuti a lavorare come schiavi e le donne abusate.

Camion sovraccarico di migranti.jpg
Tenda nel deserto.jpg

Chi riesce ad arrivare in Libia viene internato in prigioni sovraffollate dalle quali esce solo dopo aver lavorato per mesi presso privati in combutta con i soldati e le bande di gangster locali che gestiscono il traffico dei clandestini.

Poi l’imbarco sui barconi, che non di rado affondano nel loro precario viaggio verso le coste italiane. A Lampedusa Bilal viene arrestato e internato in un centro di detenzione, da cui fugge per unirsi a quelli che lavorano come schiavi nei campi di pomodori del Sud. Poi prosegue, sempre da clandestino, verso il Nord d’Italia, che è la meta di molti, nella speranza che da lì si riesca a raggiungere la Germania.

Barca sovraccarica di migranti.jpg
Immigrato che raccoglie pomodori.jpg

Durante tutto il viaggio l’autore raccoglie le tante e diverse storie di molti clandestini, che poi riporta nel libro come tessere di un mosaico che parla di speranze e fallimenti, soprusi e violenze, ma anche di amicizie e solidarietà fra chi vive la stessa drammatica esperienza.

Note[modifica]


  1. Istat: [1]
  2. Il Sole: [2]
  3. Il Sole: [3]
  4. Il Sole [4]
  5. Antimafia2000 - Fonte Istat - Anno 2014: [5]
  6. Fanpage (su dati del Ministero dell’Interno): [6]
  7. Il Post: [7]
  8. Termometropolitico: [8]
  9. Il Post: [9]
  10. Il testo si trova nella gazzetta Ufficiale: [10]
  11. ICS: [11]
  12. AMU: [12] e Il Fatto quotidiano: [13]
  13. Faresistemaoltrelaccoglienza: [14]
  14. TPI: [15]
  15. EMI: [16]
  16. La Repubblica: [17]
  17. Regione Piemonte: [18]
  18. Un link utile è: [19] La Fondazione Leone Moressa è un istituto di studi e ricerche specializzato nello studio della presenza straniera in Italia. Con la casa editrice Il Mulino pubblica ogni anno un “Rapporto sull’economia dell’immigrazione”.
  19. SEM: [20]
  20. Grafico da Openmigration: [21]
  21. Maggiori dettagli nel sito: [22]
  22. Questi sono alcuni siti che li riguardano: ICS Ufficio rifugiati: [23], ASGI: [24] e Avvocato di strada: [25]
  23. Rights Reporter, 23 Novembre 2017, “Migranti: ne muoiono più nel deserto che nel Mediterraneo” in: [26]
  24. Il Corriere: [27]
  25. Fabrizio Gatti, Bilal. Viaggiare, lavorare, morire da clandestini, Rizzoli 2015 (2017).
  26. Su Youtube si possono vedere due video su Saamiya: [28] [29]
  27. Rizzoli editore: [30]

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