Libro Borghi Come uscire

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Febbraio 2014
31 domande e 31 risposte: la verità che nessuno ti dice
a cura di Claudio Borghi Aquilini
con postfazione di Matteo Salvini

Un'altra Europa è possibile

Indice

Prefazione[modifica]

Coloro i quali ci hanno portato nell’Euro hanno fatto l’errore più grande della storia e ora sono disposti a tutto pur di non ammetterlo. Sono disposti a sacrificare il lavoro di milioni di Italiani, i risparmi accumulati con vite intere dedicate alla prudenza e alla sicurezza, un patrimonio inestimabile di imprese che sono sempre state un modello per il mondo. Presto arriveranno addirittura a pretendere la svendita delle opere d’Arte e a consentire la sparizione dell’oro detenuto in Banca d’Italia. Per l’Europa stanno vendendo le nostre vite, ci hanno infilato in una depressione peggiore di quella del 1929, hanno piegato ed umiliato interi Popoli, come i Greci, pur di tenere in piedi lo strumento infernale dell’Euro: un peso che ci sta facendo dimenticare che cosa sia la libertà. Questo disastro è coperto da una catena fittissima di menzogne che ci vengono raccontate ogni giorno da televisione e giornali: bugie urlate sempre più forte man mano che cresce la paura che il colossale danno venga scoperto.

Anch’io ero stato ingannato all’inizio ma adesso tutto è chiaro. Ho quindi pensato a questo manualetto come un’arma di difesa dalle falsità più frequenti che vengono diffuse ogni giorno e anche per rispondere ai più comuni dubbi o timori che chiunque di noi possa avere se si parla della moneta e di che cosa voglia dire tornare ad essere indipendenti e padroni a casa nostra. Occorre prepararsi, perché rottamare l’Euro non è una scelta: questo sistema è destinato inevitabilmente a finire, l’unico dubbio è quando, e non è una differenza da poco. Prima finirà questo incubo e meno macerie ci saranno da spazzare e prima si potrà ricominciare a ricostruire e fare quello che abbiamo dimostrato nel tempo di saper fare meglio: lavorare. Ci aspetta un periodo di ricostruzione e rinascita, simile agli anni gloriosi del dopoguerra, però dipenderà da noi fermare i “bombardamenti” economici per tempo prima che facciano troppe vittime. Le prossime elezioni Europee saranno un momento importante: la scelta non sarà fra destra e sinistra, e nemmeno fra Nord e Sud. Sarà, invece, fra chi vuol mantenere ostinatamente in piedi questo strumento di distruzione economica che è l’Euro e chi invece lo vuole incenerire per sempre, senza se e senza ma, per poter riprendere le chiavi di casa e ricominciare a crescere e produrre.

Ringrazio sentitamente la Lega Nord e Matteo Salvini che ci hanno creduto fin dalla prima volta in cui ho raccontato questi “punti” che ora, grazie a loro, potete leggere anche voi.
Claudio Borghi Aquilini
Economista, docente dell’Università Cattolica di Milano, giornalista ed ex managing director di Deutsche Bank
https://claudioborghiaquilini.it/

Trentuno domande e risposte[modifica]

1. L’Euro è la causa principale della crisi. Perché?[modifica]

Per tanti motivi, ma i principali sono che un’unica moneta per economie diverse non può funzionare, crea disoccupazione, rafforza chi è già forte e indebolisce chi è già in difficoltà. Senza il controllo sulla sua moneta uno Stato in recessione non può tentare di contrastare le crisi. Senza il controllo sulla sua moneta uno Stato non può avere nessuna autonomia e si riduce alla condizione di un Paese del Terzo Mondo, con governi fantoccio e costretti a supplicare per ottenere il denaro di cui ha bisogno. Nessuno Stato può dirsi padrone a casa propria se non ha il controllo della propria moneta. Vediamo il perché con qualche esempio.

  • Di solito uno Stato con un’economia molto competitiva ha anche una moneta dalle quotazioni elevate perché tutti devono richiederla per poter comperare i suoi prodotti. La forza della moneta fa “alzare i prezzi” dei prodotti di questo Stato che quindi diventano meno convenienti e tutto torna in equilibrio. Uno Stato che per vari motivi si trova ad essere meno competitivo o che sta attraversando un momento di difficoltà, invece, avrà anche una moneta dal prezzo minore perché i suoi prodotti sono meno richiesti. Se il valore della moneta cala, per il resto del mondo è come se scendesse tutto il “listino prezzi” dei prodotti di quello Stato, che diventano così più convenienti e più richiesti e si tende a ristabilire l’equilibrio anche in questo caso. Con l’Euro invece si ha uno strano caso in cui un paese poco competitivo e in difficoltà (come per esempio la Grecia) si ritrova la stessa moneta di un Paese aggressivamente competitivo e in crescita (come la Germania): il “listino prezzi” della Grecia risulterà quindi troppo caro mentre quello dei prodotti tedeschi sarà troppo basso. Il risultato è che in Grecia si muore di fame mentre in Germania si registra il record di esportazioni. Un caso simile fu quello dell’Argentina che bloccò per molti anni il prezzo della propria moneta a quello del dollaro finendo nel 2001 al fallimento, con le conseguenze di quel disastro che (unite ad altri errori) si fanno sentire ancora oggi. Pensiamoci: tutti i paesi dell’Europa periferica sono nelle stesse condizioni: povertà e disoccupazione da record indipendentemente dal colore dei governi, dal livello di tasse e spesa pubblica o dal maggiore o minor livello del debito pubblico. Se tante persone entrano in un ristorante, e tutte quelle che hanno ordinato una particolare pietanza finiscono all’ospedale, è probabile che la colpa sia del cibo. Nel “Ristorante Europa da Merkel” stanno tutti male, tranne chi non ha ordinato la “pietanza Euro” come l’Inghilterra o i gestori del ristorante (Germania).
  • L’Italia, fino ad ora, si è difesa, ma la moneta troppo “pesante” rispetto a quella che sarebbe giusta per la sua economia, sta rendendo ogni giorno meno convenienti i suoi prodotti (il “listino prezzi” è troppo alto), per cui la disoccupazione è destinata irrimediabilmente a salire perché gli stessi italiani compreranno sempre più prodotti esteri di quanto sarebbe giusto. I prodotti esteri (sembra una banalità, ma a volte non ci pensiamo) sono fabbricati da aziende ed operai esteri e, quindi, in Italia il lavoro scompare. Se scompare il lavoro, scompaiono anche i soldi per importare i prodotti e pagare le pensioni e si finisce alla fame. In pratica, è come se gli Stati Europei, invece di “essere una squadra”, fossero messi su un ring di pugilato gli uni contro gli altri, indipendentemente dal peso. Il “peso massimo”, cioè la Germania, vince e gli altri perdono. Sempre per rimanere in tema di sport è come se si mettesse un pesante zaino uguale per tutti sulle spalle dei concorrenti di una corsa: chi è più grosso e forte sarà avvantaggiato, mentre chi è piccolo e agile sarà in grossa difficoltà, così appesantito, e non potrà mai vincere.
  • Anche il controllo della moneta come “arma” contro le crisi è fondamentale. Uno Stato che può “stampare moneta” e che ha un’industria ben sviluppata e prodotti normalmente richiesti se è in difficoltà può spendere di più per sostenere la propria economia senza preoccuparsi di dover trovare il denaro a prestito. Può anche comperare i propri titoli di debito mettendo altra moneta in circolo. Se questa azione facesse scendere il tasso di cambio della moneta, tanto meglio, perché come abbiamo visto una moneta più conveniente significa una maggior richiesta per i prodotti di quel Paese che diventerebbero più appetibili, creando così posti di lavoro e un nuovo equilibrio. Uno Stato che non ha una moneta propria, come invece accade per chi ha scelto di avere l’Euro, se è in difficoltà si ritrova a fare i conti con il famigerato “spread”, vale a dire che nessuno vuol comprare i suoi titoli. Gli altri Paesi, quindi, per “salvarlo” e prestargli i soldi che, se avesse avuto moneta propria, avrebbe potuto agevolmente procurarsi da solo, cominciano ad imporgli inutili e dannose politiche di austerità. Gli Stati in crisi quindi si ritrovano sempre più tasse, sempre meno possibilità di spendere e con interessi sempre più alti da pagare: vanno inevitabilmente ancora di più in difficoltà e la crisi peggiora. Pensiamo invece all’Inghilterra: quando nel 2008 ci fu la crisi delle banche, dopo il fallimento della americana Lehman, era in forte difficoltà perché la sua principale industria è proprio quella finanziaria. Ebbene, l’Inghilterra riuscì ad assorbire la crisi facendo comperare alla propria Banca Centrale i titoli di Stato necessari per finanziarsi, la Sterlina si svalutò fortemente (invece di far salire lo spread sui titoli) e adesso la sua economia è in ripresa senza aver dovuto subire ordini e condizioni da nessuno. Gli Stati dell’Europa periferica invece sono in ginocchio.

2. Senza l’Euro diventeremmo tutti ricchi?[modifica]

No, ovviamente per competere nei mercati internazionali occorre molto lavoro e ci vogliono molti miglioramenti perché abbiamo uno Stato inefficiente. Se bastasse avere una moneta propria per essere ricchi sarebbe troppo bello. Molte cose non semplici devono essere fatte, come rendere la giustizia più rapida, abbassare le tasse, aiutare le imprese perché producano meglio, ridurre la burocrazia, fare più ricerca ecc., tuttavia il peso di una moneta sbagliata è notevolmente superiore rispetto a questi altri fattori. Si tratta di quella che si dice una “condizione necessaria ma non sufficiente”. Non possiamo certo pensare di uscire dall’Euro e metterci a prendere il sole: bisognerà faticare, ma senza una nostra moneta correttamente valutata anche con la fatica non otterremo nulla.

3. Se eliminiamo l’Euro usciamo anche dall’Europa?[modifica]

Posto che l’Italia sarà sempre in Europa con qualsiasi moneta, se si intende “Unione Europea” probabilmente no: un mercato di 60 milioni di persone è troppo importante per tutti. Non dimentichiamo che sono tanti gli Stati che fanno parte dell’Unione Europea pur non avendo l’Euro, dall’Inghilterra alla Svezia fino alla Danimarca. Le alleanze internazionali, come quelle che la Lega Nord ha stretto con i partiti che potrebbero risultare decisivi nel nuovo Parlamento Europeo, puntano proprio a “riscrivere le regole” dell’Unione in modo da realizzare una vera cooperazione su basi diverse dell’attuale “Europa dell’Euro”. Se invece, nonostante tutto, non si riuscisse a cambiare l’UE e questa continuasse a danneggiare la nostra economia con regole assurde, allora si potrebbe considerare di uscire anche dall’Unione, cosa che probabilmente non sarebbe una tragedia: la Gran Bretagna sta seriamente considerando di uscire e Paesi come la Svizzera o la Norvegia, pur senza avere l’Euro e non facendo parte dell’Unione Europea, non sono certo isolati dal mondo. Anzi, uscire dall’Unione Europea ci ridarebbe finalmente le “mani libere” per poterci gestire in autonomia e libertà, sia, ad esempio, per le politiche sull’immigrazione, sia con le regole per rendere più facile la vita alle piccole e medie imprese, penalizzate da vincoli europei gestibili solo dalla grande industria. Proprio la Svizzera è un esempio di che cosa vuol dire avere le mani libere e poter decidere in autonomia tasse, politiche sul lavoro e immigrazione. Chi abita vicino al confine Svizzero, poi, sa benissimo quale sia l’effetto della moneta: nei periodi in cui il Franco è debole tutti vanno a fare la spesa in Svizzera arricchendo il Canton Ticino e lasciando vuoti i negozi italiani; il contrario accade nei periodi in cui il Franco è forte.

4. Riprenderemmo la Lira? Avremmo ancora i vecchi milioni e miliardi?[modifica]

Non necessariamente. Potremmo chiamare la nuova moneta come preferiamo perché tanto sarà una cosa diversa dalla vecchia Lira (Scudo, Fiorino, EuroItalia oppure ancora Lira) e la cosa più comoda sarebbe convertirla 1 a 1 con l’Euro perché così non ci sarebbero problemi per fare i conti come invece ci furono quando si passò all’Euro e venne deciso quel numero stranissimo (1936,27). Attenzione: la conversione non indica il “cambio” e può essere decisa come preferiamo: 1 a 1 è semplice, ma se si volesse si potrebbe fare anche 10 a 1, 5.000 a 1 o 1.234 a 1. Poi, dopo la conversione, quello che la nuova moneta varrà nei confronti delle altre monete lo deciderà il mercato, ma a noi a quel punto interesserà poco, come oggi non ci interessa più di tanto quanto vale l’Euro nei confronti del Dollaro, della Sterlina o delle altre monete mondiali.
Quindi, in sostanza, se avevamo uno stipendio di 1.000 Euro esso diventerà di 1.000 fiorini (o scudi o lire), la pizza invece di costare 8 euro costerà 8 fiorini e se pagavamo 300 euro di mutuo al mese pagheremo 300 fiorini. Anche 300 euro sul conto corrente diventeranno 300 fiorini e 1.000 euro di pensioni diventeranno anch’essi la stessa cifra nella nuova moneta. Il cambio 1 a 1 impedirà il fenomeno degli “arrotondamenti” che fecero raddoppiare i prezzi quando si passò dalla Lira all’Euro, perché ogni rialzo ingiustificato verrebbe subito notato. Per i conti correnti l’unico incomodo sarà che probabilmente durante la conversione, per alcuni giorni, sarà necessario chiudere le banche per impedire speculazioni. Per un pensionato, invece, come vedremo nelle risposte alle prossime domande, ciò non rappresenterà un impoverimento perché non è detto che ci sarà inflazione ma, anche se si dovesse verificare, sarà in ogni caso possibile sbloccare la rivalutazione dei trattamenti che sarebbero automaticamente adeguati. È proprio con l’Euro che stipendi e pensioni hanno perso potere d’acquisto! Non dimentichiamo poi che le pensioni sono pagate dai contributi dei lavoratori: se la disoccupazione indotta dall’Euro dovesse crescere ancora, il rischio è che le pensioni vengano fortemente tagliate perché non ci sarebbe fisicamente il denaro per poterle pagare.

5. Se convertiamo 1 a 1 un Euro con la nuova moneta non è che allora non cambierà niente?[modifica]

Cambia moltissimo invece, perché se dopo la conversione la nostra moneta si svaluterà nei confronti di altre monete, i nostri prodotti diventeranno più convenienti per un cliente estero, costerà di meno per gli stranieri fare vacanze in Italia e diventerà più appetibile realizzare prodotti in Italia. Certo, costerà di più fare viaggi all’estero e i prodotti esteri diventeranno più cari (anche se di solito, dopo una svalutazione, le imprese estere, pur di non perdere clienti, mantengono i prezzi invariati), però sarà più facile trovare lavoro e l’economia ripartirà. Meglio un portafoglio pieno di monete di giusto valore di uno vuoto nella vana attesa di monete sopravvalutate.

6. Ci sarà l’inflazione? Dovremo far la spesa con la carriola di banconote che valgono come carta straccia?[modifica]

Assolutamente no, l’inflazione non è la svalutazione: in nessuno dei recenti casi di svalutazione in Paesi evoluti è seguita l’iperinflazione. Lo Yen giapponese per esempio nel 2012, ha svalutato fortemente nei confronti dell’Euro e del Dollaro ma non si è vista inflazione, così come non si è vista in Inghilterra o Svezia quando svalutarono moltissimo nel 2008 e neppure nella stessa Italia, quando nel ‘92 uscimmo dal Sistema Monetario Europeo con il valore della Lira che calò bruscamente. L’inflazione addirittura si ridusse leggermente. In ogni caso non dobbiamo nemmeno preoccuparci di un’eccessiva svalutazione: se la nuova moneta dovesse calare troppo, i nostri prodotti diventerebbero così convenienti che invaderemmo i mercati. Saranno i nostri stessi concorrenti a “sostenere” il prezzo della nuova moneta per evitare di rendere troppo competitiva la nostra industria. Ricordiamolo perché la differenza è sostanziale: c’è inflazione quando i prezzi salgono (ma se i prezzi salgono vuol dire che la gente ha i soldi per comprare cose, viceversa se i prezzi rimangono stabili e gli stipendi scendono, come sta succedendo ora, è come se i prezzi salissero ma la situazione è drammatica) mentre la svalutazione misura semplicemente una discesa del cambio della nostra moneta contro altre valute. Le due cose non coincidono mai.

7. I miei risparmi si dimezzerebbero? Diventerò più povero per colpa della svalutazione?[modifica]

Ovvio che no. Non si può fare un discorso particolare perché ognuno ha risparmi investiti in modo diverso, però basti pensare a tipiche forme di risparmio:
a) La casa
La casa è un bene reale, quindi non si “svaluta” cambiando moneta. Se noi domani adottassimo una qualsiasi moneta scelta a caso fra mille, la casa sarebbe sempre quella e il suo valore verrebbe semplicemente definito con una nuova unità di misura. È da escludersi quindi che la casa “perda un pezzo” o che venga qualcuno a tirare su un muro nel salotto per dimezzarla. C’è anzi da pensare che un’economia in ripresa possa far ripartire il mercato ed aumentare il valore dei nostri appartamenti. Può essere che inizialmente anche il prezzo delle case in zone non “internazionali” cali se rapportato ad un’altra valuta, ma ciò potrebbe (eventualmente) danneggiare solo un italiano che volesse vendere la propria casa qui per acquistarne una in Germania. È invece ovviamente assurdo pensare che la casa “si dimezzi” in rapporto al mercato italiano. Frasi tipo: “il valore di una casa di 100 mq si dimezzerà e con il ricavato della vendita si potrà a malapena comperare una casa di 50 mq” sono una palese sciocchezza perché se anche, per caso, scendesse il valore della nostra casa, scenderebbe anche il valore delle altre case e non cambierebbe nulla. Vendendo una casa di 100mq si potrà ancora comperare un’altra casa di 100 mq. In ogni caso una ripresa dell’economia, anche dopo una svalutazione, porta sempre benefici al valore degli immobili.
b) Gli investimenti in titoli e fondi
I titoli possono essere azionari e obbligazionari, italiani ed esteri, spesso acquistati per mezzo di fondi di investimento o di gestioni patrimoniali. Le azioni, come la casa, sono beni reali e quindi non si svalutano: se ho 10 azioni di una società che rappresentano il 10% di quella società, ciò non cambia qualsiasi sia la moneta che si scelga di usare. Dobbiamo pensare alle azioni come a delle quote di possesso: l’industria di cui si possiede una quota rimane uguale indipendentemente dal cambio di moneta in circolazione. Anzi, è probabile che le azioni di società industriali italiane possano apprezzarsi perché una moneta corretta le renderebbe più competitive. Le obbligazioni e i titoli di Stato invece rappresentano un credito in denaro e quindi la moneta in cui sono denominati è importante. Le obbligazioni estere non verranno toccate e rimarranno come sono perché il debitore è straniero e quindi se noi cambiamo moneta non necessariamente lo farà anche lui, quindi per chi le detiene potrebbero addirittura rappresentare una rivalutazione verso la nuova moneta. Stesso discorso per i fondi di investimento internazionali che, inoltre, essendo di solito molto diversificati, avrebbero impatti minimi. Titoli di Stato e obbligazioni italiane, invece, verranno convertiti nella nuova valuta ma non necessariamente perderanno potere d’acquisto in Italia perché, come abbiamo ricordato prima, svalutazione non vuol dire inflazione, e anche il prezzo, una volta rimossa l’incertezza di una banca centrale che non garantisce pienamente i titoli, potrebbe beneficiarne. Chi temesse in ogni caso l’arrivo dell’inflazione può liberamente tutelarsi con l’acquisto di titoli ad essa indicizzati, quali i BTP Italia.
c) Oro e oggetti di valore
Anche in questo caso si tratta di beni reali per i quali è del tutto indifferente quale sia la valuta nazionale. Una moneta d’oro ha lo stesso valore in tutto il mondo. La verità è che è proprio con l’Euro che i risparmi degli italiani stanno andando in fumo o perché i valori e i prezzi crollano a causa della depressione, o perché aggrediti da continui aumenti di tasse imposte dall’Europa. Quando in Italia c’era la Lira, anche negli anni di forte inflazione come ad esempio gli anni ‘80, il risparmio degli italiani era fra i primi al mondo e il record della Borsa di Milano si è avuto nel 2001. Da quando c’è l’Euro la Borsa è precipitata. Solo nel 2013 i prezzi delle case sono scesi in media del 6%. Persino i titoli di Stato sono diventati meno sicuri e chi ha provato a venderli nei giorni in cui lo spread era ai massimi ha avuto amare sorprese.

8. Magari avessi risparmi! Ho un mutuo e il conto in rosso. Le rate saliranno?[modifica]

No, la stragrande maggioranza dei mutui sono a tasso fisso (e quindi non cambiano) o a tasso variabile legato al tasso Euribor che è una media europea. In tutti e due i casi un cambio di moneta da parte dell’Italia non avrebbe effetto, anzi, dato che anche il mutuo verrà convertito in lire come tutti i contratti italiani, qualora dovesse verificarsi una moderata inflazione (cosa comunque per nulla scontata, come si diceva prima) per chi ha un mutuo sarebbe molto conveniente, perché la quota residua da pagare varrebbe progressivamente sempre di meno.
Per chi ha un mutuo il vero guaio è essere costretti ad accettare uno stipendio dimezzato per poter lavorare, come spesso succederà con l’Euro, dato che la rata non si dimezzerà anch’essa. Il fatto che in caso di cambio di moneta i tassi continueranno ad essere calcolati come oggi è confermato da tutti i principali studi legali internazionali: il tasso EURIBOR è una media dei tassi in Europa e per legge il metodo di calcolo non può cambiare.

9. E le materie prime? E la benzina? Dicono che se svalutiamo costeranno una fortuna, è vero?[modifica]

No, innanzitutto noi non usiamo mai “materie prime” e anche la benzina non è petrolio greggio. Tutti i beni che consumiamo sono trasformati industrialmente e la maggior parte dei costi dei prodotti è data proprio da queste trasformazioni e trasporti mentre il valore della “materia prima” è di solito minimo. I prezzi delle materie prime oscillano normalmente tantissimo, di solito con percentuali molto superiori a quella che sarebbe una svalutazione se pur forte, eppure non ce ne accorgiamo assolutamente. Se ne accorgono eccome, invece, proprio i Paesi che hanno basato la loro economia solo sulle materie prime: in caso di discesa dei prezzi sui mercati internazionali possono aversi crisi fortissime e non facilmente sanabili nemmeno con forti svalutazioni.
Nel 2008 per esempio il prezzo del petrolio andò in breve tempo da 140 a 25 dollari al barile: nessuno si ricorda di pompe di benzina che regalavano i pieni. In compenso con l’Euro abbiamo visto spesso la verde a 2 euro: vi ricordate forse la super a 4.000 lire al litro? Gran parte del prezzo della benzina è data da tasse in molti casi inventate proprio per compiacere l’Europa come l’ultimo forte rialzo deciso dal governo Monti: rimane quindi molto spazio per assorbire qualsiasi tipo di rialzo.
L’Italia comunque è un paese trasformatore: importa materie prime ed energia ed esporta prodotti finiti. È il caso perfetto in cui il cambio flessibile ha massimo impatto. Immaginiamo che nella realizzazione di un prodotto in Italia il peso di energia e materie prime sia addirittura del 50% (difficilmente accade). Supponiamo di svalutare del 20%. Ebbene, se fatto 100 euro il costo di un prodotto, le materie prime e l’energia costassero il 20% in più, invece di 50 costerebbero 60 e quindi il prodotto complessivamente ora costerebbe 110. Per i mercati esteri tuttavia questo prodotto costerebbe il 20% in meno perché 110 è il costo nella nostra moneta, che si è svalutata del 20%, quindi il prodotto sui mercati esteri costerebbe 88 euro diventando molto più competitivo persino nel caso abbastanza estremo di un costo delle materie prime pari alla metà del totale.

10. Non è che l’Euro non c’entra nulla e la colpa è di corruzione, casta ed evasione?[modifica]

Le cose che non vanno in Italia sono sicuramente tante, ma non tutte, per odiose che possano essere, sono cause della crisi. Evasione, casta e corruzione ci sono sempre state anche quando le cose andavano bene e affliggono paesi che pure sono in forte crescita economica: assurdo pensare che, per esempio, in Cina, Corea o India siano tutti santi. In particolar modo è ingenuo sperare in scorciatoie come quelli che lasciano intendere che senza la corruzione ci sarebbero 80 miliardi o senza l’evasione ci sarebbero 120 miliardi: semplicemente saremmo in un mondo più giusto ma non ci sarebbe un centesimo in più di gettito. Il perché è semplice: l’Italia già incassa con le tasse più di qualsiasi altro Stato al mondo in rapporto a quanto produce (forse solo qualche piccolo Stato assistenziale nordico ci “batte”, ma nessuno dei grandi Stati ) ed è “al limite”, non a caso i recenti aumenti di IVA hanno portato un calo del gettito. Se con una bacchetta magica l’evasione scomparisse, con le attuali aliquote moltissime attività chiuderebbero, annullando l’effetto della “magìa”. L’unica cosa fattibile sarebbe di far pagare a tutti le tasse abbassando in parallelo le aliquote: si avrebbe così una distribuzione più equa, ma non ci sarebbe gettito aggiuntivo. Corruzione e altre nefandezze sono reati, e come tali vanno perseguiti, ma allo stesso modo in cui vanno perseguiti i furti e gli omicidi: di certo non sono le cause della crisi.

11. Non può essere che la colpa sia della spesa pubblica improduttiva?[modifica]

Che in Italia i soldi vengano spesi male è cosa nota, tuttavia se una spesa è interna difficilmente diventa “improduttiva”: se anche pagassi uno per non fare nulla costui alla fine con i soldi dello stipendio comprerebbe cibo, vestiti e altri beni da produttivi lavoratori privati. Chi ha un negozio o una fabbrica non sa da dove vengono i soldi dei clienti che gli comprano la merce, per loro la differenza è avere clienti o no. Sarebbe molto meglio evitare questo passaggio e lasciare direttamente nelle tasche di chi lavora i soldi o, quanto meno, spendere in modo assennato, tuttavia il semplice taglio della spesa non compensato non aiuterà nessuno a vendere più prodotti e quindi a rimettere in moto l’economia. Il livello di spesa pubblica italiana è nella media in Europa e se si è in recessione tagliare la spesa e alzare le tasse è un sistema certo per far andare peggio le cose. Ipotizzare che le cose possano andare diversamente è assurdo: sarebbe come pensare che una famiglia spenda di più se si riduce lo stipendio del capofamiglia. La spesa pubblica va tagliata e le tasse vanno alzate quando si sta crescendo. L’America è uscita dalla crisi facendo così: ha tagliato le tasse, ha aumentato la spesa pubblica e ha fatto “stampare” denaro alla sua Banca Centrale. Stando nell’Euro e con le regole europee non possiamo fare nessuna di queste cose e, per di più, ci ritroviamo fuori mercato a causa della moneta sopravvalutata. Per noi e soprattutto per l’industria del Nord è come pensare di vincere una gara di corsa con le gambe legate.

12. I tedeschi sono efficienti e hanno etica del lavoro, noi siamo lazzaroni e furbi. È così?[modifica]

Nessuno potrebbe dare lezioni di creatività e voglia di lavorare agli italiani. L’impresa del Nord Italia è sempre stata un modello per il mondo e finché c’era la possibilità di competere ad armi pari, i lavoratori hanno sempre sopportato ogni tipo di orario e di turno battendo sistematicamente la concorrenza. In compenso la società che è stata riconosciuta colpevole del più grande caso di corruzione internazionale della storia è tedesca (la Siemens). La verità è semplicemente che la Germania ha una moneta sottovalutata e quindi i suoi prodotti costano meno di quello che sarebbero costati se avessero avuto il Marco mentre noi abbiamo una moneta sopravvalutata e quindi i nostri prodotti costano di più di quello che costerebbero se avessimo la nostra moneta. Se un’impresa ha un vantaggio, vende di più e può permettersi di fare ricerca e innovazione, realizzando prodotti più belli e solidi che vendono ancora di più. Se un’impresa è in svantaggio competitivo, invece, deve tagliare i costi, risparmiare sui materiali e i suoi prodotti diventano di minore qualità e vendono ancora di meno. Non dimentichiamo poi che le regole che l’Europa fissa per fare impresa sono estremamente complesse e fatte su misura per imprese di grandi dimensioni: per l’impresa medio-piccola italiana gli obblighi sono intollerabili e costosissimi da gestire. Gli aiuti di Stato poi sono sempre stati proibiti per noi e consentiti alla Germania: Berlino ha salvato le sue banche con 300 miliardi di euro, mentre noi non avevamo alcun bisogno di interventi di questo tipo che diventano legali solo quando servono agli altri e non a noi. I tedeschi fanno i loro interessi, e il loro punto di vista è comprensibile: siamo noi che dobbiamo cominciare a fare i nostri. Il risultato di questa situazione è che nei paesi in crisi la disoccupazione giovanile ha raggiunto livelli intollerabili. Altro che lazzaroni! Se metà dei giovani sono disoccupati è perché la domanda di lavoro manca in modo gravissimo. Negli anni ‘80 e ‘90, nel Nord Italia, se qualcuno era disoccupato, era perché non aveva voglia di lavorare, adesso un impiego è diventato un miraggio.

13. Noi abbiamo un enorme debito pubblico, è colpa sua se siamo in crisi. È vero?[modifica]

Tutti i Paesi che sono andati in difficoltà prima di noi, come l’Irlanda e la Spagna non avevano nessun problema di debito pubblico. In compenso, il Giappone, che ha un debito pubblico doppio rispetto al nostro, non è in crisi come noi e può permettersi aggressive politiche di sviluppo. Anche la Germania ha un pesante debito pubblico, anzi, mentre noi lo riducevamo (circa venti punti di calo dal 1994 al 2007), la Germania lo aumentava infrangendo i trattati che la obbligavano a mantenere il debito al di sotto di una certa soglia. Non dimentichiamo poi che la Germania può “nascondere” molto del suo debito in una banca pubblica che si chiama KfW: se si contasse anche quello non ci sarebbe una grande differenza tra il debito italiano e quello tedesco, che in ogni caso è superiore in valore assoluto.
Spesso facciamo l’errore di demonizzare il debito pubblico dimenticando che a fronte di un debito c’è sempre un credito e i risparmiatori che, direttamente o indirettamente, possiedono titoli di Stato dovrebbero riflettere sul fatto che cancellando il debito si cancellerebbero anche i loro risparmi. Anche chi non possiede titoli di Stato verrebbe colpito da una riduzione forzata del debito pubblico, perché le banche ne possiedono grandi quantità: esse diventerebbero insolventi e persino i conti correnti sarebbero a rischio come è successo a Cipro.
Se uno Stato ha un debito espresso nella propria moneta ed ha sovranità monetaria non potrà mai giungere a non onorarlo, perché potrà sempre “stampare” il denaro necessario alla restituzione del debito. In realtà eravamo in crisi già da prima ma non ce ne accorgevamo perché la debolezza delle nostre imprese era camuffata dall’afflusso di denaro a debito (questa volta privato).

14. Se la crisi è scoppiata per lo spread evidentemente il debito pubblico è importante. Non è così?[modifica]

Lo spread è esploso non certo per la credibilità, per il bunga-bunga, per il pieno della macchina del figlio di Bossi o qualsiasi delle bugie che la stampa ha raccontato per aprire la strada a Monti: lo spread è esploso dopo che Francia e Germania hanno deciso di far “fallire” la Grecia abbattendo il valore dei suoi titoli di Stato in mano ai risparmiatori. A quel punto tutti gli investitori mondiali hanno cominciato a vendere i titoli irlandesi, poi quelli portoghesi, poi quelli italiani e spagnoli semplicemente perché pensavano che avrebbero fatto la fine dei titoli greci. Anche lo spread sui titoli Francesi e Finlandesi aveva cominciato a salire mentre l’Inghilterra, grazie al fatto che aveva una Banca Centrale che garantiva il debito ricomprandoselo, non ha mai avuto problemi di spread. Gli interventi di Monti hanno poi peggiorato le cose: lo spread è sceso solo a seguito delle azioni della Banca Centrale Europea che, se pur con gravissimo ritardo, ha annunciato la propria intenzione di garantire il debito.

15. Quindi se la BCE garantisse il debito e gli spread si azzerassero saremmo a posto?[modifica]

Purtroppo no: gli effetti di una moneta troppo forte rispetto a quello che sarebbe giusto permangono. Ciò significa che se gli italiani, invece di essere strozzati, tornassero a spendere, comprerebbero in maggioranza prodotti esteri e la differenza fra importazioni e esportazioni deve essere finanziata da ulteriore debito. In pratica ci indeboliremmo ancora di più e se in futuro la BCE dovesse cambiare idea saremmo in ginocchio.

16. Neppure la Grecia e l’Irlanda vogliono abbandonare l’Euro, perché noi si?[modifica]

Grecia e Irlanda hanno ricevuto cifre elevatissime sotto forma di prestiti “a babbo morto”, pagati anche da noi. Si è trattato di una specie di “risarcimento” per evitare che il sistema andasse in pezzi. Se la Grecia fosse uscita dall’Euro prima di ricevere gli aiuti avrebbe avuto solo il danno e non il risarcimento. Noi invece paghiamo e basta, e non riceviamo nulla da nessuno. Non solo, noi avevamo solo circa il 3% dei crediti verso Grecia, Spagna, Irlanda e Portogallo ma, invece, siamo stati chiamati a “salvare” questi stati (in realtà abbiamo salvato soltanto i loro creditori) con una quota pari al 20%, perché l’Europa ha trovato conveniente mettere tutto “sul conto del condominio”. Per esempio, la Spagna, che nonostante la disoccupazione doppia rispetto a noi ci viene a volte presentata come un modello di virtù, ha ricevuto 50 miliardi per salvare le sue banche: miliardi pagati in discreta parte dall’Italia che, nonostante ciò, invece viene costantemente umiliata e messa “dietro la lavagna”.
La cifra da noi impegnata per i salvataggi europei è stata finora pari a 53 miliardi di euro: senza buttare questi soldi (che probabilmente non ci verranno mai restituiti) ci si sarebbe potuta pagare l’IMU sulla prima casa per 15 anni o pagare uno stipendio di 16mila euro per un anno a tutti i disoccupati italiani. La Lega Nord è stato l’unico partito che ha votato contro quando l’enorme impegno per questi fondi è stato approvato di nascosto nell’estate del 2012.

17. Perché l’Euro danneggia in particolare l’Italia e soprattutto il Nord?[modifica]

L’industria settentrionale ha sempre avuto un grande vantaggio dalla Lira perché si trattava di una moneta sottovalutata rispetto alla forza economica e industriale del Nord Italia. In pratica la Padania con la Lira era nella stessa posizione di vantaggio che la Germania ha adesso con l’Euro. Per semplicità diciamo che la forza economica del Nord era “dieci” mentre quella del Sud era “due”. Una stessa moneta che valeva per queste due regioni così diverse era una media tra i valori che avrebbero avuto una moneta del Nord (10) e una moneta del Sud (2). La lira valeva quindi “sei”. Questo valore era troppo alto per il Sud che quindi si deindustrializzava, mentre era molto basso per il Nord che quindi poteva esportare molto facilmente i propri prodotti. Le industrie del Nord grazie alla Lira si presentavano sui mercati internazionali con un “listino prezzi” scontato, i prodotti venivano acquistati da tutti e la disoccupazione non esisteva. Il “costo” di questo vantaggio per il Nord era il dover compensare il Sud (che non poteva competere) con forti trasferimenti fiscali. Con l’Euro questo vantaggio è sparito, le imprese chiudono o spostano la produzione in Paesi più convenienti, ma le tasse e i trasferimenti fiscali sono rimasti perché se per il Sud la Lira era troppo cara figuriamoci l’Euro.
La Germania in questo momento è come era il Nord Italia con la Lira con la differenza di non trasferire nulla all’Italia che si sta “meridionalizzando”. Per questo motivo, una volta riconquistata la nostra sovranità monetaria, se si volesse affrontare davvero il problema delle differenze tra Nord e Sud bisognerebbe magari pensare a due monete diverse. Il Sud diventerebbe competitivo e potrebbe creare lavoro vero, non falsi lavori pubblici. Il Nord avrebbe più difficoltà ad esportare rispetto a quando c’era la Lira ma non ci sarebbe più bisogno di trasferimenti e le tasse potrebbero calare fortemente.

18. Queste cose “quelli che comandano” non le sanno?[modifica]

Probabilmente ormai le sanno ma non vogliono ammettere di aver fatto un errore così grave e sperano che in qualche modo le cose si aggiustino. Nel frattempo, dato che la moneta non si può svalutare, si sta provando a svalutare il lavoro con l’arma della disoccupazione. Se io voglio far scendere il “listino prezzi” dei miei prodotti perché la moneta troppo forte li pone fuori mercato, proverò a pagare di meno i miei dipendenti. Capite quindi perché, sempre più spesso, si legge di fabbriche che minacciano la chiusura a meno che i lavoratori non accettino un taglio dello stipendio. Niente altro che il vecchio “o mangi questa minestra o salti dalla finestra”. Questo sistema però si traduce in una perdita fortissima del potere di acquisto per chi lo subisce: una svalutazione fa perdere potere di acquisto (e non sempre) solo nei confronti dei beni di importazione, il taglio dello stipendio lo fa perdere nei confronti di ogni spesa, anche quelle che non c’entrano nulla con l’importazione, come il parrucchiere, i vestiti, la pizza e la bolletta del telefono. Non solo, se ho dei debiti (ad esempio, un mutuo), con il cambio di moneta e la svalutazione non mi accadrà nulla di male, mentre se subisco il taglio dello stipendio la rata rimarrà la stessa diventando in proporzione più pesante rispetto ai miei guadagni. Infine va considerato che se anche sono un lavoratore autonomo, se tutti i lavoratori dipendenti si impoveriscono perché i loro stipendi vengono tagliati, anche i miei guadagni si ridurranno perché avrò meno clienti per i miei prodotti o i miei servizi. È quello che sta accadendo ora. “Quelli che comandano” (la famosa Troika: Commissione Europea, Banca Centrale Europea e Fondo Monetario Internazionale – nessuno di essi eletto dai cittadini) stanno quindi imponendo una ricetta dolorosissima e piena di controindicazioni gravissime. Ovviamente poi ci sono fortissimi interessi in gioco. Si pensi per esempio a chi ha puntato sulla delocalizzazione o alle imprese che si sono specializzate nell’importazione di prodotti fabbricati all’estero realizzando finora grandi profitti. Questi soggetti si opporranno fortemente al recupero della competitività domestica dell’Italia e soprattutto del sistema industriale del Nord, è comprensibile, ma accontentare le loro pretese sarebbe come voler rimanere ammalati per compiacere il farmacista che così può guadagnare di più.

19. Se calassero anche i prezzi insieme agli stipendi non sarebbe una soluzione?[modifica]

I prezzi non si adeguano mai velocemente verso il basso e, come si diceva, i debiti rimangono grandi come prima e quindi in proporzione più pesanti (il creditore è in teoria avvantaggiato, ma se il debitore fallisce non è una buona notizia per chi gli ha prestato denaro). Non solo: se si va stabilmente in deflazione, cioè in un periodo in cui i prezzi delle cose scendono, i consumatori cercheranno di ridurre il più possibile le spese attendendo i cali dei prezzi, ma così facendo i consumi calano ancora di più, aumentando la recessione.

20. Il problema è che adesso c’è la Cina. Non possiamo competere con chi paga i lavoratori un Euro all’ora/mese/anno. È vero?[modifica]

A parte che la Cina c’è sempre stata e che da sempre abbiamo convissuto con oggetti a basso prezzo made in Hong Kong o simili, tuttavia numeri alla mano il nostro concorrente è la Germania, non la Cina. L’ultimo rapporto pre-crisi dell’Istituto per il Commercio Estero indicava chiaramente come in tutti e cinque i principali settori del nostro export (apparecchi meccanici 77 miliardi, metalli e prodotti in metallo 44, mezzi di trasporto 41, prodotti chimici e fibre sintetiche 34, apparecchiature elettroniche e ottiche 31) il diretto concorrente della nostra industria fosse Berlino, non Pechino.
Conoscete qualcuno che nel commercio si metta ad eseguire quello che il suo concorrente gli dice di fare? Poi non stupiamoci dei risultati. In ogni caso è paradossale che chi denuncia l’eccessivo costo dei nostri prodotti poi sia favorevole all’Euro che aggrava questa differenza.

21. Il costo del lavoro è solo una parte del problema ma noi non abbiamo fatto ricerca, innovazione, infrastrutture, riforme ecc. È così?[modifica]

Primo: non è vero e basta andare (magari usando un Frecciarossa, tanto per parlare di infrastrutture) in moltissime aziende italiane per trovare dei modelli di organizzazione e innovazione. Tuttavia la questione è un’altra: qualsiasi siano i motivi per cui la nostra industria si è trovata fuori mercato (veri, come: Germania che ha compresso i salari, eccessiva inflazione nei primi anni dell’Euro, rigore mentre altri spendevano a debito per riformare il lavoro e sostenere banche e industrie ecc., oppure falsi come: gli altri sono biondi, noi siamo lazzaroni, c’è la Cina ecc.) è stupido pensare di rimetterci in pari “facendo lo stesso” dei nostri concorrenti.
La distanza da colmare è troppa e poi i concorrenti reagirebbero, col vantaggio ulteriore di poter beneficiare di tassi di finanziamento molto più bassi dei nostri. È sempre bene prendere esempi da chi ha avuto successo ma prima di poter giocare ad armi pari occorre riallineare il cambio in modo da trovarci sulla stessa linea dei nostri concorrenti.
È giusto che un atleta si alleni ma non ci si allena bene a stomaco vuoto e, anche se, nonostante tutto, si fosse volenterosi e allenati, non si può pensare di correre i cento metri partendo cinquanta metri indietro.
Allo stesso modo ci sono tante riforme che sarebbe corretto fare (basti pensare alla giustizia) ma ogni riforma seria necessita di tempo e denaro. Con l’Euro non l’avremo mai.

22. Se svalutassimo poi non risolveremmo i nostri problemi, che verrebbero messi sotto il tappeto. È vero?[modifica]

In realtà è vero il contrario: i nostri problemi e difetti si sono moltiplicati con l’Euro. Se una moneta propria costringesse davvero uno Stato a riforme benefiche, adesso dopo quasi quindici anni di Euro saremmo “riformatissimi”. L’“anestesia” dell’Euro e dell’Europa, invece, agisce proprio nel senso di rendere meno importanti le scelte dei governi nazionali. I mercati finanziari, attentissimi a quello che fanno i governi dei paesi indipendenti, non hanno mai mandato alcun segnale al Governo italiano, e ancora adesso lo spread si muove seguendo le parole della BCE, non certo di Letta. Per questo motivo i governi non saranno mai incentivati a prendere decisioni giuste ma semplicemente a cercare di compiacere gli eurodetentori del vero potere, anche se essi sono (come abbiamo visto) nostri avversari nel commercio. Se in passato chi era al volante ha guidato male, la soluzione non è quella di costruire una macchina senza sterzo, altrimenti alla prima curva si finisce contro il muro. È proprio quello che è sucesso alla nostra economia: impedire ad un governo la necessaria flessibilità comporta come risultato che finché non ci sono problemi sembra che “la macchina” vada bene anche se si stanno facendo le cose sbagliate, non appena si incrocia un problema il sistema si rompe e ne fanno le spese i cittadini. In ogni caso se uno teme che poi “stando bene” non risolveremmo i nostri problemi, non capisce (o non vuol capire) che “stare male” è proprio il problema che deve essere risolto.

23. Se facessimo le riforme e se tagliassimo il cuneo fiscale forse diventeremmo competitivi senza bisogno di uscire dall’Euro. Può essere?[modifica]

“Fare le riforme” non vuol dire nulla, ogni volta che si cambia una legge o un regolamento si sta facendo una riforma: alcune portano miglioramenti, altre fanno peggio. Le riforme sostanziali costano molti soldi che con i vincoli europei non ci potremmo mai permettere (la Germania per le sue riforme del mercato del lavoro ha aumentato il suo rapporto debito/PIL di 5 punti in periodo di crescita; noi ci siamo già impegnati a ridurlo anche in periodo di recessione con il Fiscal Compact) senza contare che è da ingenui pensare che potremmo raggiungere i risultati di chi è in vantaggio di dieci anni. Non solo, non è detto che si debba per forza voler diventare tedeschi o cinesi: dobbiamo essere liberi di poter vivere a modo nostro in casa nostra.
Per lo stesso motivo con il taglio del cuneo fiscale (che pure sarebbe cosa utile) non si otterrà nulla di sostanziale: i Paesi che sono andati per primi in crisi sono stati quelli (come l’Irlanda) dove il cuneo fiscale era minimo: per ottenere un taglio sostanziale a favore della competitività occorrerebbe azzerarlo ed è impossibile perché sparirebbero gettito fiscale e contributi in un sistema dove la mancanza di denaro anche momentanea nelle casse dello Stato non può essere finanziata “stampando denaro”. Chi ha sovranità monetaria può permettersi politiche di stimolo dell’economia con forti detassazioni, nel nostro caso tali politiche ci sono precluse. Il taglio del cuneo fiscale potrebbe essere solo irrilevante e finanziato con altre misure recessive.

24 Magari “battendo i pugni sul tavolo” ci consentirebbero di spendere senza bisogno di uscire dall’Euro. È possibile?[modifica]

A parte che non c’è nessun tavolo su cui battere i pugni e se ci fosse stata la volontà da parte dell’Europa di evitare questa situazione l’avremmo evitata, tuttavia, se anche ci dicessero di dimenticarci gli impegni e di ridurre le tasse (impossibile) avremmo sempre il problema della moneta troppo forte. È la stessa questione prima accennata quando si diceva del perché una BCE che garantisca il debito non risolverebbe il problema di fondo della moneta artificialmente forte.

25. Perché non è una bella cosa avere una moneta “forte”?[modifica]

No! È una bella cosa se è forte anche l’economia ma, come detto prima, un’economia debole con una moneta forte è come un guerriero con una spada talmente pesante da non riuscire nemmeno ad alzarla. L’ideale sarebbe averla del giusto peso: più leggera si può fare e consente maggior agilità, troppo pesante è un suicidio. La moneta troppo forte fa sì che i prodotti esteri risultino molto convenienti. Sembra una bella cosa ma i prodotti esteri hanno una spiacevole caratteristica: sono fatti all’estero! Quindi è ovvio che in Italia poi si creerà disoccupazione. Risultano convenienti anche i viaggi all’estero e ovviamente ogni viaggio rappresenta denaro che se ne va ad arricchire qualche altro Paese. Se potessimo spendere di più, compreremmo prodotti esteri invece di prodotti italiani e si aprirebbe la forbice fra le nostre importazioni e le esportazioni: questa differenza deve essere pagata da qualcuno e dovremmo cercare denaro facendo altro debito. Nel frattempo, sempre più imprese chiuderebbero o delocalizzerebbero e alla prossima crisi saremmo in ginocchio, molto peggio di quanto già lo siamo oggi. Le due cose devono andare di pari passo: ridurre le tasse e rimettere la moneta nel suo giusto equilibrio.

26. In molti dicono che la soluzione potrebbe essere “Più Europa”. È Vero?[modifica]

Come dire ad un avvelenato che ci vuole “più veleno”. Quelli che vorrebbero un’Unione Europea ancora più stretta, che diventasse in tutto e per tutto equivalente ad uno Stato unitario, fanno finta di non vedere che la Germania non si sogna neppure di cedere la sua sovranità per dissolvere lo Stato in un’unione con italiani e spagnoli. Non hanno voluto farlo quando erano in posizione di debolezza, non lo vorranno mai fare ora che sono in posizione di forza. In uno Stato unitario le regioni ricche trasferiscono denaro alle regioni povere, e mai e poi mai, la Germania accetterebbe di trasferire i soldi delle tasse dei cittadini tedeschi a favore di greci, italiani, spagnoli, irlandesi e portoghesi. Anche se poi lo volessero (e non vogliono) dovremmo essere noi a rifiutare con forza quest’ipotesi! Abbiamo visto con il nostro Mezzogiorno che i trasferimenti di denaro non funzionano, non creano sviluppo, incentivano la criminalità e la rassegnazione porta a ricercare un posto di lavoro sussidiato. Una meridionalizzazione totale del nostro Paese è l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno.

27. Non sarebbe meglio decidere con un referendum?[modifica]

Chi dice di volere un referendum in realtà probabilmente non vuol cambiare nulla; non per niente chi lo propone non ha una posizione propria a favore o contro l’Euro, cosa che, dato che l’Euro già c’è, implica l’accettare che le cose possano rimanere così come sono. Innanzitutto, non è possibile fare un referendum sui trattati internazionali, inoltre, anche supponendo per assurdo di farlo lo stesso, una campagna referendaria su una questione così complessa sarebbe viziata da ogni genere di terrorismo mediatico, tale per cui le bugie sull’Euro che già normalmente si vedono sui media, si moltiplicherebbero, con l’aggravante che i poteri finanziari europei non esiterebbero a lanciare fortissimi attacchi speculativi contro il nostro debito. Ai cittadini verrebbe data l’impressione che con il loro voto contro l’Euro provocherebbero un disastro e l’incertezza del risultato in un simile clima comporterebbe terribili agitazioni sui mercati e fughe incontrollate di capitali. L’unico modo per riconquistare la nostra sovranità monetaria è per mezzo di un Governo democraticamente eletto che agisca velocemente per decreto. Immaginate in che modo un governo favorevole all’Euro potrebbe mai gestire le procedure di uscita se un referendum (incostituzionale) dovesse indicare una volontà di uscita. Le azioni necessarie per cambiare moneta minimizzando i danni non sono semplici, ma un Governo democraticamente eletto che negozi al più presto lo smantellamento dell’Eurozona, magari concordando la strategia con altri paesi, prima fra tutti la Francia in caso di vittoria dell’alleato Front National e che, nel caso i negoziati falliscano, potrebbe al limite agire per decreto, prendendo tutte le misure necessarie per rendere la transizione indolore.

28. Il Front National di Marine Le Pen è una forza di destra e nazionalista, come può essere un alleato affidabile?[modifica]

La battaglia contro l’Euro è una battaglia di indipendenza e libertà. Indipendenza e libertà non sono né di destra né di sinistra, bensì valori assoluti. Ritornare ad essere padroni in casa nostra è la condizione indispensabile per qualsiasi altra politica, sia per chi è nazionalista sia per chi invece sogna il federalismo. Una volta liberi poi ci sarà tutto il tempo per “rifare le squadre”. Chi non ha il controllo sulla propria moneta non sarà mai libero. Se alle elezioni europee le forze contrarie all’Euro riuscissero ad ottenere una forte affermazione tutto diventerebbe più facile: a questo scopo ogni voto conta, e un coordinamento fra i partiti avversi all’Euro in tutta Europa è la prova più evidente che senza l’ostacolo della moneta unica potrebbe esserci una diversa e sincera amicizia europea al di fuori delle attuali contrapposizioni.

29. In molti dicono che l’Unione Europea ha portato la pace, se abbandoniamo l’Euro ci sarà la guerra?[modifica]

La pace c’è fra tutte le nazioni che si sono combattute nelle guerre mondiali e il maggior rischio per il mantenimento di questa pace è proprio l’Euro. Un sistema economico che mette popoli e nazioni gli uni contro gli altri, che costringe popoli a pagare per altri ed impone sofferenze e privazioni con conseguenze economiche del tutto simili a quelle di un conflitto armato, origina odio fra nazioni che avevano dimenticato questa parola. Fino a pochi anni fa nessun greco aveva alcun motivo di risentimento nei confronti della Germania: oggi se la Merkel vuole visitare Atene deve essere circondata dall’esercito schierato a difesa.

30. Sento dire che molti famosi economisti, compresi alcuni premi Nobel sono contrari all’Euro. È vero? Chi sono?[modifica]

È vero, sono almeno 7 i premi Nobel per l’Economia che hanno apertamente criticato l’Europa dell’Euro (Mirrlees, Stiglitz, Sen, Tobin, Krugman, Friedman e Pissarides) ciascuno di essi ovviamente propone anche soluzioni alternative ma, come abbiamo visto, le soluzioni alternative non sempre sono realisticamente possibili e non sempre sono desiderabili. Molti economisti hanno ad esempio firmato una proposta (il “Manifesto di Solidarietà Europea”) dove si propone uno smantellamento “dall’alto” dell’Eurozona con l’uscita dall’Euro della Germania come prima mossa. Peccato però che tutto ciò dipenda dalla volontà di altri Paesi. E se i tedeschi dicono di no? Tutti questi scenari alternativi diventeranno tanto più fattibili quanto più forti saranno i consensi dei movimenti totalmente contrari all’Euro.

31. Esistono altrettanti premi Nobel e famosi economisti convinti invece che l’Europa dell’Euro sia perfetta così?[modifica]

NO.

Premi Nobel sull’Euro[modifica]

Paul Krugman, Premio Nobel 2008, economista e professore di Economia e Relazioni internazionali presso l'Università di Princeton

  • “Penso che l’Euro fosse un’idea sentimentale, un bel simbolo di unità politica. Ma una volta abbandonate le valute nazionali avete perso moltissimo in flessibilità. Non è facile rimediare alla perdita di margini di manovra.” “L’Europa sarà sempre fragile. La sua moneta è un progetto campato in aria e lo resterà fino alla creazione di una garanzia bancaria europea”. -- Intervista su l’Express di Parigi, 6 settembre 2012

Joseph Stiglitz, Premio Nobel 2001, economista e saggista statunitense.

  • “Questa crisi, questo disastro è artificiale e in sostanza questo disastro artificiale ha quattro lettere: l’Euro.” -- Evento “Discussion on the Future of Europe”, organizzato dal “Center on Global Economic Governance” di New York, 25 febbraio 2013.
  • “Il progetto europeo, per quanto idealista, è sempre stato un impegno dall’alto verso il basso. Ma incoraggiare i tecnocrati a guidare i vari Paesi è tutta un’altra questione, che sembra eludere il processo democratico, imponendo politiche che portano ad un contesto di povertà sempre più diffuso”. “L’Europa ha bisogno di un maggiore federalismo fiscale e non solo di un sistema di supervisione centralizzato dei budget nazionali”. -- Articolo “Euro, o cambia oppure è meglio lasciarlo morire” di Joseph Stiglitz, da Project Syndicate.
  • “Ci sono vantaggi e svantaggi ad avere un grande mercato come l’Europa. Ma se non lo si può riformare, io non credo che non sia poi così male tornare alle vostre vecchie monete. Le unioni monetarie spesso durano soltanto un breve periodo di tempo. Ci proviamo, e o funziona o non funziona. Il regime di Bretton Woods è durato trent’anni. L’Irlanda ha ottenuto l’indipendenza dal Regno Unito e ha creato una propria moneta. Quando succede è un grande evento, ma succede. Ed è possibile. L’idea che sarebbe la fine del mondo è sbagliata”. “Uscire dall’Euro è meglio che seguire politiche suicide”. -- Stiglitz risponde alle domande dei lettore di “Le Nouvel Observateur”, settembre 2012.

Amartya Sen, Premio Nobel 1998, economista, ha insegnato presso le università di Harvard, Oxford e Cambrige.

  • “L’Euro è stato un’idea orribile. Lo penso da tempo. Un errore che ha messo l’economia europea sulla strada sbagliata. Una moneta unica non è un buon modo per iniziare a unire l’Europa. I punti deboli economici portano animosità invece che rafforzare i motivi per stare assieme. Hanno un effetto-rottura invece che di legame. Le tensioni che si sono create sono l’ultima cosa di cui ha bisogno l’Europa. Chi scrisse il Manifesto di Ventotene combatteva per l’unità dell’Europa, con alla base un’equità sociale condivisa, non una moneta unica”. -- Intervista al Corriere della Sera, 21 maggio 2013

Milton Friedman, Premio Nobel 1976, economista statunitense scomparso nel 2006, considerato il padre del neoliberismo e del monetarismo.

  • “L’Euro sarà più una fonte di problemi che non di benefici”. -- Periodico economico “New Perspectives Quarterly Magazine”, 2005
  • “L’Euro è un progetto dirigista, autoritario, antidemocratico e pericoloso, Francoforte e Bruxelles prenderanno il posto del mercato”. “L’Euro è una costruzione non democratica. Il progetto generale non lo è perché non è quello che vogliono i cittadini. Se la popolazione tedesca votasse, il progetto sarebbe sconfitto. E lo stesso accadrebbe in molti altri Paesi. L’Unione monetaria è il prodotto di una élite. È il frutto di una impostazione non realistica, di una spinta elitaria di chi vuole usare la moneta unica per arrivare all’unione politica”. “Più che unire, la moneta unica crea problemi e divide. Sposta in politica anche quelle che sono questioni economiche. La conseguenza più seria, però, è che l’Euro costituisce un passo per un sempre maggiore ruolo di regolazione da parte di Bruxelles. Una centralizzazione burocratica sempre più accentuata. Le motivazioni profonde di chi guida questo progetto e pensa che lo guiderà in futuro vanno in questa direzione dirigista. È una tendenza che c’è da 15 anni, contro la quale, per esempio, ebbe modo di combattere Margaret Thatcher”. “A Francoforte siederà un gruppo di banchieri centrali che deciderà i tassi d’interesse centralmente. Finora, le economie, come quella italiana, avevano una serie di libertà, fino a quella di lasciar muovere il tasso di cambio della moneta. Ora, non avranno più quell’opzione”. -- Intervista al Corriere della Sera, 23 marzo 1998

James Mirrlees, Premio Nobel 1996, economista, ha insegnato presso università di Oxford ed è professore emerito di Economia politica a Cambrige.

  • “Guardando dal di fuori, dico che non dovreste stare nell’Euro, ma uscirne adesso.” “Finché l’Italia resterà nell’Euro non potrà espandere la massa di moneta in circolazione o svalutare: ecco perché si impone la necessità di decidere se rimanere o meno nella moneta unica, questione non facile da dirimere”. -- Convegno presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia, 5 dicembre 2013.

Christopher Pissarides, premio Nobel 2010, economista, insegna alla London School of Economics.

  • “La situazione attuale non è sostenibile ancora per molto. È necessario abolire l’Euro per creare quella fiducia che i Paesi membri una volta avevano l’uno nell’altro”. “L’Euro dovrebbe essere smantellato in maniera ordinata, oppure i membri più forti dovrebbero fare rapidamente tutto il necessario per renderlo compatibile con crescita e occupazione”. -- Lezione presso la London School of Economics, 12 dicembre 2013.

Euro-sciocchezze[modifica]

Matteo Renzi, Segretario del Partito Democratico.

  • “Un disastro uscire dall’Euro, immediatamente il costo pagato dagli italiani per interessi sarebbe enorme e perderemmo la stabilità monetaria che abbiamo avuto con l’Euro”. -- Video del 19 novembre 2013 pubblicato su Youtube.

Romano Prodi, ex Presidente del Consiglio.

  • “Con l’Euro lavoreremo un giorno di meno guadagnando come se lavorassimo un giorno di più”. -- Dichiarazione del 1999

Mario Draghi, Presidente BCE

  • “L’Euro è irreversibile”. -- Dichiarazione del 16 dicembre 2013

Mario Monti, ex Presidente del Consiglio

  • “Stiamo assistendo al grande successo dell’Euro e la Grecia ne è la dimostrazione”. -- Dichiarato durante la trasmissione “L’Infedele”, 26 settembre 2011

Gianroberto Casaleggio, Guru e stratega del M5S

  • “Se usciamo dall’Euro non risolviamo il problema”. -- Dichiarazione del 23 maggio 2013

Beppe Grillo, Leader M5S

  • “Io non ho mai detto che bisogna uscire dall’Euro”. -- Parma, comizio del 22 settembre 2012

La coerenza della Lega[modifica]

“L’idea nata nel dopoguerra per scongiurare altre guerre tra Stati europei sta ora partorendo un mostro che non genererà né democrazia, né stabilità, né vantaggi economici per tutti. Non può generare democrazia perché il suo parlamento non legifera: è l’Europa dei grandi capitalisti. Il popolo, gli artigiani, gli imprenditori, i cittadini non ci sono oggi né tantomeno ci saranno domani, perché non potrà mai nascere un’Europa politica”.
(...) “Sono gli stessi poteri che adesso vivono grazie ai soldi dello Stato di cui sono i padroni e che fanno l’Europa monetaria per essere ancora più padroni dello Stato nazionale. Le leggi finanziarie degli Stati si ridurranno ad un semplice fax inviato da Bruxelles, dal Consiglio d’Europa, terminale europeo delle cento grandi famiglie europee. Con l’ingresso in Europa, l’Italia non avrà più a sua disposizione la leva monetaria, cioè se gli mancano i quattrini non potrà più stampare altri titoli di Stato, per favorire l’economia non potrà più svalutare la moneta, perché gli resterà solo la leva fiscale e i quattrini dovrà toglierli maledettamente e subito dalle tasche dei cittadini, evidentemente aumentando la pressione fiscale”.
Umberto Bossi
28 marzo 1998

Forse non sai che:[modifica]

  • L’Italia ha già impegnato 53 miliardi di Euro per il MES (Meccanismo Europeo di Stabilità) e per gli altri “fondi salva stati”, e dovrà impegnarne fino a 125 (parliamo sempre di MILIARDI di Euro) in caso di necessità.
  • Tutti i partiti, tranne la Lega Nord, hanno votato per l’introduzione del Fiscal Compact. Questo strumento prevede il rientro di metà del debito pubblico italiano (quindi più di 1000 miliardi di Euro), nei prossimi 20 anni con tagli e nuove tasse.
  • Senza crescita, facendo un semplice conto siamo intorno ai 50 milardi di Euro all’anno.
  • Mes: più di 100 miliardi, Fiscal Compact: 50 miliardi anno
  • I governi Monti e Letta ci hanno strozzati di tasse (vedi la Mini IMU ad esempio), per pagare solo la prima rata di questi impegni.

A chi credi che Renzi andrà a chiedere il saldo?
PENSACI PRIMA CHE SIA TROPPO TARDI!

Correva l’anno 1996[modifica]

Corriere della sera -- 14 febbraio 1996
Grazie alla lira
Bilancia commerciale, 1995 senza precedenti

Lira magica, unica, vera colonna dell’ Italia. Se non fosse sottovalutata, staremmo tutti un po’ peggio e probabilmente anche San Valentino sarebbe più triste. Ieri, l’Istat ha reso noto che il 1995 è stato uno degli anni migliori per la bilancia commerciale della Penisola: anche solo tenendo conto dei primi 11 mesi, l’anno e’ stato uno dei piu’ esaltanti dai tempi del miracolo economico. Il ministero del Commercio Estero ha definito i numeri “ampiamente positivi”, quasi che fosse merito suo. L’Istituto di Statistica, come al solito, mette lì un cesto di numeri. Quello che si conosce finora è questo. Il saldo della bilancia commerciale nei confronti dei Paesi extraeuropei per l’intero 1995 è stato di 31.330 miliardi: solo in dicembre, la bilancia è stata favorevole per 4.274 miliardi. La stessa, ma nei confronti dei Paesi della Ue, è nota invece solo per i primi 11 mesi dell’anno: le esportazioni hanno superato le importazioni per 13.441 miliardi (246 miliardi in novembre). Nel complesso, dunque, si può dire che, sulla base dei numeri conosciuti, la bilancia commerciale è positiva per 44.771 miliardi: a questi, andrà aggiunto il saldo di dicembre riferito ai rapporti coi Paesi europei, con ogni probabilità positivo. Nel 1994, la differenza tra export e import era stata attiva per 35.400 miliardi, nel ‘93 per 32.800: negli anni precedenti, cioè prima che la lira si svalutasse e fosse espulsa dal Sistema monetario europeo, nel settembre del 1992, il saldo commerciale era, da anni, in rosso. Avere una valuta debole fa male al cuore e all’orgoglio ma evidentemente fa bene al portafoglio. L’Istat fa anche sapere che la bilancia dei primi 11 mesi dell’anno, sia per i Paesi Ue che per quelli extra Ue, è stata attiva per 40.498 miliardi, circa ottomila in più rispetto allo stesso periodo del 1994. In generale, è andata bene l’industria manifatturiera: prodotti metalmeccanici, tessili, cuoio e abbigliamento. Maluccio i minerali, i prodotti energetici, quelli chimici e quelli dell’ agricoltura. In Europa le cose sono state positive (per l’Italia) soprattutto in Spagna, Grecia, Germania e Portogallo; fuori Europa, in primo luogo con il Sud Est asiatico ma anche con il Giappone e gli Stati Uniti. Contenti al ministero per il Commercio estero. “Quasi certamente - dice una nota - il risultato globale di fine anno sarà assai superiore alle previsioni elaborate dai principali centri di ricerca fino a poche settimane fa”. Il ministero assegna al deprezzamento del cambio il merito di questi risultati. Insomma, se non fosse per questa lira senz’anima, oggi saremmo a contare le rose di San Valentino, invece di mandarle a mazzi.
Taino Danilo

Postfazione[modifica]

L’Euro è la più grande fregatura che una delle più piccole oligarchie della Storia sia mai riuscita a pianificare a danno di tutti i cittadini europei.
La Lega fu la prima a intuirlo con Umberto Bossi che, nel 1998, mentre tutto il resto d’Italia viveva in pieno delirio euro-entusiasta, diceva: “L’Europa politica non ci sarà mai. Non c’è collante che ci unisce, i Parlamenti nazionali conteranno sempre meno e la legge finanziaria sarà un fax che arriva da Bruxelles. La rigidità della moneta costringerà molte imprese a chiudere e aumenterà la disoccupazione; l’Europa sarà dei tedeschi, dei francesi e di qualche finanziere”.
Le centinaia di grandi aziende e soprattutto le migliaia di piccole imprese che oggi rischiano di chiudere (o che hanno già chiuso) in Italia, il miliardo di ore di cassa integrazione del 2013 e la disoccupazione giovanile al 42% sono evidenze impossibili da silenziare, per questo è appurato che a difendere l’Euro siano rimaste due categorie di persone: gli stolti e i ladri.
Per i primi ci sarà comprensione (forse), per i secondi l’esilio (almeno).
Quindi, oggi più che mai, uscire dall’Euro non solo è possibile, ma necessario per tentare di avere una possibilità di salvarsi dal baratro. Fortunatamente sempre più cittadini in Europa si stanno rendendo conto di essere stati truffati e presi in giro per troppo tempo. Noi ci saremo, e alle prossime elezioni europee faremo sentire la voce di tutti coloro che ne hanno abbastanza di essere presi in giro a suon di menzogne e falsi allarmismi.
Il manuale che hai tra le mani è solo un piccolo strumento in questa battaglia dove in palio c’è la vita o la morte di un’intera civiltà, ma può diventare un’arma potentissima per squarciare la tela della propaganda.Pensiero unico, moneta unica, crisi unica.
UN’ALTRA EUROPA È POSSIBILE!

Matteo Salvini
Segretario Federale Lega Nord Padania
Europarlamentare

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Per approfondire[modifica]

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Il Partito della Libertà olandese di Geert Wilders sull’Euro dice:
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http://www.pvv.nl/images/stories/verkiezingen2012/VerkiezingsProgramma-PVV-2012-final-web.pdf
http://www.pvv.nl/images/Rapport_NExit_NL.pdf

Il Front National francese di Marine Le Pen sull’Euro dice:
http://www.frontnational.com
http://www.frontnational.com/pdf/fin-euro.pdf

A cura dei Gruppi Parlamentari “Lega Nord e Autonomie” di Camera e Senato
Per la revisione dei contenuti economici si ringrazia Asimmetrie a.p.s. http://www.asimmetrie.org
Stampa: Boniardi Grafiche Milano Febbraio 2014