Differenze tra le versioni di "Mercato del lavoro"

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(Luca Ricolfi - Mercato del lavoro: l’eredità della crisi e il peso del debito)
(Luca Ricolfi - Mercato del lavoro: l’eredità della crisi e il peso del debito)
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Anche il problema del tasso di precarietà dipende in modo cruciale dalla dinamica del Pil: finché il Pil ristagna, o cresce poco, è normale che le imprese temano che la domanda che oggi c’è domani non ci sia più, e si cautelino con i contratti a termine. Pensare che il trend si possa invertire aumentando i vincoli e i costi delle imprese è semplicemente ingenuo.
 
Anche il problema del tasso di precarietà dipende in modo cruciale dalla dinamica del Pil: finché il Pil ristagna, o cresce poco, è normale che le imprese temano che la domanda che oggi c’è domani non ci sia più, e si cautelino con i contratti a termine. Pensare che il trend si possa invertire aumentando i vincoli e i costi delle imprese è semplicemente ingenuo.
  
Questo, mettere le imprese in grado di creare posti di lavoro, tanti nuovi posti di lavoro, è il nodo vero. Ma è un nodo che, in quanto passa per una significativa riduzione del debito pubblico, nessuna forza politica è in grado di affrontare sul serio."<ref name="Ricolfi">Vedi il sito di Pietro Ichino: [https://www.pietroichino.it/?p=47409]</ref>
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Questo, '''mettere le imprese in grado di creare posti di lavoro, tanti nuovi posti di lavoro, è il nodo vero'''. Ma è un nodo che, in quanto passa per una significativa riduzione del debito pubblico, nessuna forza politica è in grado di affrontare sul serio."<ref name="Ricolfi">Vedi il sito di Pietro Ichino: [https://www.pietroichino.it/?p=47409]</ref>
  
 
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Versione delle 17:18, 12 mar 2019

Incontro fra domanda e offerta[modifica]

Curva della domanda e dell'offerta.

Quando si entra in un negozio e si chiede di comprare un oggetto, si dice in economia che noi siamo “dalla parte” della domanda e il negozio dalla parte dell’offerta. Infatti noi paghiamo per acquistare l’oggetto. Parlando di lavoro ci viene da pensare che è il lavoratore a domandare lavoro all’impresa. Quindi pensiamo che sia lui dalla parte della domanda. Ma non è così, perché è l’impresa che paga il lavoratore e dunque acquista il suo lavoro. Perciò è l’impresa che sta dalla parte della domanda ed è il lavoratore che sta dalla parte dell'offerta perché offre le sue competenze e il suo tempo, cioè il suo lavoro. E il punto di incontro, il punto del loro accordo è il salario prima di tutto.[1]

Vediamo ora in un grafico dove si incontrano domanda e offerta di lavoro, rappresentate dalla linea rossa e dalla linea blu.[2] Ci chiediamo: perché una linea va verso il basso e l'altra verso l'alto? A quale livello di salario ci sarà l’incontro fra la domanda e l’offerta di lavoro?

Circa la domanda, pensiamo un caso semplice: posso far fare un lavoro a poche persone veloci ed esperte, ma ben pagate, con un salario alto. Oppure darlo a più persone, meno veloci ed esperte, ma pagarle di meno. Dunque la domanda di lavoro va da salari alti con poco lavoro a salari bassi con molto lavoro. La linea rossa scende.[3]

Circa l'offerta: se mi pagano poco, lavorerò poco, ma sono disposto a lavorare molto se vengo ben pagato. Dunque l’offerta di lavoro va da salari bassi con poco lavoro a salari alti con molto lavoro. La linea blu sale.[4]

Il punto A rappresenta l’incontro della domanda con l’offerta. Il punto B rappresenta il salario di equilibrio del mercato e il punto C il livello di occupazione corrispondente.

Questo è il caso più semplice di concorrenza perfetta, in cui né le imprese, né i lavoratori possono determinare il salario di equilibrio, ma lo prendono per dato dai meccanismi di mercato. Esistono poi però casi di monopolio, oligopolio, concorrenza monopolistica, dove le aziende hanno varie possibilità per condizionare i salari. Anche i lavoratori hanno avuto negli anni '70 la possibilità di condizionare i salari attraverso le lotte sindacali.

Crescita economica o crisi[modifica]

Variazioni della curva della domanda e dell'offerta.

Cosa succede se l’economia è in crescita? La curva della domanda si sposta verso destra perché a parità di salario, l’impresa ha bisogno di più lavoro, e ciò spinge il salario di equilibrio verso l’alto, nel punto A’ perché le imprese sono disposte a pagare di più i lavoratori. Aumentano sia il salario di equilibrio, sia il livello di occupazione. Il punto di incontro, A’, fa vedere che il maggiore lavoro andrà retribuito con un salario maggiore. Si ha così un aumento dell’occupazione (e una diminuzione della disoccupazione).

Un periodo del genere si è avuto dopo il 1969 col cosiddetto Autunno caldo.[5] Allora i sindacati sono diventati più forti ed è stato creato lo Statuto dei lavoratori [6] (1970) che proteggeva i lavoratori con una serie di tutele e rendeva difficile il licenziamento (articolo 18).

Se invece c’è crisi, e i consumi diminuiscono, la curva della domanda si sposta a sinistra perché l’impresa vende meno, quindi produce meno e ha bisogno di meno lavoro. Il punto di incontro sarà A”. Dunque si ha una diminuzione sia dei salari, sia dei lavoratori, quindi aumenta la disoccupazione.

È quello che è successo nel 2008, quando la crisi finanziaria dagli USA ha raggiunto l’Europa. E, in Italia, la disoccupazione, soprattutto giovanile, e la povertà hanno raggiunto livelli intollerabili. Lo si vede nella figura: è il punto segnato dalla freccia in cui si nota un brusco abbassamento del PIL (Prodotto Interno Lordo).

Nel 2008 la crescita si è interrotta[modifica]

Crescita dell’economia misurata dal PIL.

Ci sono state altre crisi economiche in Italia. Per esempio quelle del 1973[7] e 1979[8], causate dal rincaro del petrolio - da cui dipendiamo. Come si vede dal grafico del PIL, l’Italia è però riuscita a crescere costantemente. Ha superato le crisi utilizzando soprattutto due strumenti: il debito e la svalutazione della lira. Ora però non possiamo più usarli, perché il debito è già troppo pesante e non va aumentato, in rispetto alle regole fiscali europee a cui l’Italia è vincolata . La svalutazione renderebbe i nostri prodotti più economici (direi “più competititivi”) all’estero dando impulso alla domanda di esportazioni dall’estero e quindi all’economia in generale. Ma la svalutazione non è possibile perché la nostra moneta, l’euro, è ora gestita in comune fra noi e gli altri 18 paesi dell’Eurozona[9] dalla Banca centrale europea (Bce).

Le leggi che regolano il nostro mercato del lavoro[modifica]

Il mercato del lavoro è influenzato soprattutto dalla richiesta di beni e servizi. (Quella che gli economisti chiamano la domanda aggregata.) Ma dipende anche molto dalle leggi che lo regolano (in gergo, le politiche dell’offerta). Perché da una parte è importante tutelare i lavoratori, e dall’altra dare alle imprese la necessaria flessibilità per potersi adattare agli shock economici assumendo e licenziando manodopera.

Il nostro mercato del lavoro è stato per molto tempo regolato dalla legge chiamata Statuto dei lavoratori. Poi, nel 2015, l’insieme di leggi, denominate Job Act, hanno cercato di rendere più flessibile l’incontro fra imprese e lavoratori, senza rinunciare alle giuste tutele dei lavoratori.

Luca Ricolfi - Mercato del lavoro: l’eredità della crisi e il peso del debito[modifica]

Luca Ricolfi

Document-pdf.svg Luca Ricolfi - Mercato del lavoro: l’eredità della crisi e il peso del debito
"In questi ultimi quattro anni, sul versante del lavoro, le cose sono andate meglio di prima, ma peggio che nella maggior parte degli altri paesi europei. Ed è normale che sia così, perché noi non abbiamo ancora risolto il problema del debito pubblico (che anzi si è un po’ aggravato), né rimosso le grandi strozzature, tasse e burocrazia innanzitutto, che impediscono al Pil di crescere a un ritmo sufficiente.

Possiamo fare tutte le leggi che vogliamo per regolare o deregolare il mercato del lavoro, ma il problema di fondo resta sempre quello: se il Pil non cresce almeno a un ritmo del 2-3% l’anno, è impossibile garantire sia un flusso cospicuo di nuovi posti di lavoro, unico modo sano di dare un po’ di ossigeno alle famiglie, sia un aumento della produttività, unico modo per essere competitivi sui mercati internazionali.

Anche il problema del tasso di precarietà dipende in modo cruciale dalla dinamica del Pil: finché il Pil ristagna, o cresce poco, è normale che le imprese temano che la domanda che oggi c’è domani non ci sia più, e si cautelino con i contratti a termine. Pensare che il trend si possa invertire aumentando i vincoli e i costi delle imprese è semplicemente ingenuo.

Questo, mettere le imprese in grado di creare posti di lavoro, tanti nuovi posti di lavoro, è il nodo vero. Ma è un nodo che, in quanto passa per una significativa riduzione del debito pubblico, nessuna forza politica è in grado di affrontare sul serio."[10]

Note[modifica]


  1. Oltre al salario, il rapporto è regolato da un contratto che prevede molti altri accordi: orario, mansioni, ferie, permesso di maternità, indennità di malattia ecc.
  2. Poiché spesso, per "lavoro" si intende il numero di ore lavorate, a volte si trova nel grafico "occupazione" sull’asse orizzontale.
  3. Detto in modo più preciso: la domanda di lavoro delle imprese è una relazione tra salario e occupazione. Ogni impresa rileva un salario di equilibrio del mercato e decide di conseguenza quanti lavoratori occupare. All’aumentare del livello di salario di mercato, diminuisce il numero di lavoratori impiegati.
  4. Detto in modo più preciso: l’offerta di lavoro dei lavoratori mette in relazione il salario di mercato (che si determina in modo indipendente dalle scelte del lavoratore) e il numero di persone disposte a lavorare a quel salario. Il numero di persone disposte a lavorare aumenta al crescere del salario a cui vengono retribuite.
  5. Vedi Wikipedia - Autunno caldo: [1]
  6. Vedi Wikipedia - Statuto dei lavoratori: [2]
  7. Vedi Wikipedia - Crisi energetica del 1973: [3]
  8. Vedi Wikipedia - Crisi energetica del 1979: [4]
  9. Vedi Wikipedia - Eurozona: [5]
  10. Vedi il sito di Pietro Ichino: [6]

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