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'''Marco '''<span style="color:#0000ff;">Lei ha appena parlato di politiche dell’Europa per lo sviluppo dell’Africa. Ma ho letto in questi giorni che la Cina sta investendo 70 miliardi proprio in Africa. Ci sarà ancora spazio per l’Unione europea?</span>
  
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'''Aps '''È una domanda più che giustificata. La Cina sta conducendo ovunque una politica di affermazione economica e non solo economica impressionante per potenza di mezzi e determinazione. Per di più, si muove con assoluta sicurezza e rapidità senza i vincoli (chiamiamoli così) delle democrazie occidentali, che non solo hanno procedure decisionali più complesse proprio perché democratiche, ma non possono né debbono prescindere dal rispetto dei diritti umani, anche nei Paesi con i quali trattano.
  
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'''Marco '''<span style="color:#0000ff;">La partita allora è già perduta per l’Europa?</span>
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'''Aps '''Ritengo di no, per diverse ragioni. Anzitutto una serie di interventi articolati già esiste; rinvio per questo a un recente efficace documento di sintesi (Olimpia Fontana e Andrea Cofelice, La nuova alleanza tra Africa ed Europa, Centro Studi sul Federalismo, Marzo 2019), dal quale si vede non soltanto come il ventaglio delle iniziative europee sia ampio e come le procedure per gli investimenti siano davvero molto intricate ma percorribili e perfezionabili, ma anche come profondamente diverso sia l’approccio rispetto a quello dei Cinesi: l’Unione europea mira, giustamente, a intervenire nel quadro dell’Unione africana, in una prospettiva lungimirante di unione economica e politica dell’intero Continente, più che in una prospettiva bilaterale con i singoli Stati africani. Certo, la via è lunga, il più resta da fare, in questo l’Unione è ancora indietro. Ma ritengo che l’impostazione europea - di dimensioni continentali e in prospettiva federali e democratiche - abbia dalla sua valide carte da giocare con gli Africani.
  
 
'''Marco '''<span style="color:#0000ff;">Ho appena letto il bellissimo libro di Edward Wilson, Metà della Terra, Salvare il futuro della vita, 2016. Il quadro che egli traccia è impressionate. Se è vero che le due massime sfide che il mondo di oggi deve affrontare sono il mutamento irreversibile del clima e il declino della biodiversità sino alla possibile estinzione delle specie, non c’è da stupirsi se tra quei giovani che si interessano del futuro dell’umanità queste sfide impegnino spesso il meglio dei loro pensieri sul futuro e il meglio delle loro energie per tentare di cambiare lo scenario apocalittico ormai reso ben chiaro dalle revisioni degli scienziati. E non mi meraviglio, allora, che l’ideale europeo possa venire in secondo piano per alcuni di loro. O tra i due piani c’è correlazione.</span>
 
'''Marco '''<span style="color:#0000ff;">Ho appena letto il bellissimo libro di Edward Wilson, Metà della Terra, Salvare il futuro della vita, 2016. Il quadro che egli traccia è impressionate. Se è vero che le due massime sfide che il mondo di oggi deve affrontare sono il mutamento irreversibile del clima e il declino della biodiversità sino alla possibile estinzione delle specie, non c’è da stupirsi se tra quei giovani che si interessano del futuro dell’umanità queste sfide impegnino spesso il meglio dei loro pensieri sul futuro e il meglio delle loro energie per tentare di cambiare lo scenario apocalittico ormai reso ben chiaro dalle revisioni degli scienziati. E non mi meraviglio, allora, che l’ideale europeo possa venire in secondo piano per alcuni di loro. O tra i due piani c’è correlazione.</span>

Versione delle 14:59, 23 mag 2019

Marco Lei ha appena parlato di politiche dell’Europa per lo sviluppo dell’Africa. Ma ho letto in questi giorni che la Cina sta investendo 70 miliardi proprio in Africa. Ci sarà ancora spazio per l’Unione europea?

Aps È una domanda più che giustificata. La Cina sta conducendo ovunque una politica di affermazione economica e non solo economica impressionante per potenza di mezzi e determinazione. Per di più, si muove con assoluta sicurezza e rapidità senza i vincoli (chiamiamoli così) delle democrazie occidentali, che non solo hanno procedure decisionali più complesse proprio perché democratiche, ma non possono né debbono prescindere dal rispetto dei diritti umani, anche nei Paesi con i quali trattano.

Marco La partita allora è già perduta per l’Europa?

Aps Ritengo di no, per diverse ragioni. Anzitutto una serie di interventi articolati già esiste; rinvio per questo a un recente efficace documento di sintesi (Olimpia Fontana e Andrea Cofelice, La nuova alleanza tra Africa ed Europa, Centro Studi sul Federalismo, Marzo 2019), dal quale si vede non soltanto come il ventaglio delle iniziative europee sia ampio e come le procedure per gli investimenti siano davvero molto intricate ma percorribili e perfezionabili, ma anche come profondamente diverso sia l’approccio rispetto a quello dei Cinesi: l’Unione europea mira, giustamente, a intervenire nel quadro dell’Unione africana, in una prospettiva lungimirante di unione economica e politica dell’intero Continente, più che in una prospettiva bilaterale con i singoli Stati africani. Certo, la via è lunga, il più resta da fare, in questo l’Unione è ancora indietro. Ma ritengo che l’impostazione europea - di dimensioni continentali e in prospettiva federali e democratiche - abbia dalla sua valide carte da giocare con gli Africani.

Marco Ho appena letto il bellissimo libro di Edward Wilson, Metà della Terra, Salvare il futuro della vita, 2016. Il quadro che egli traccia è impressionate. Se è vero che le due massime sfide che il mondo di oggi deve affrontare sono il mutamento irreversibile del clima e il declino della biodiversità sino alla possibile estinzione delle specie, non c’è da stupirsi se tra quei giovani che si interessano del futuro dell’umanità queste sfide impegnino spesso il meglio dei loro pensieri sul futuro e il meglio delle loro energie per tentare di cambiare lo scenario apocalittico ormai reso ben chiaro dalle revisioni degli scienziati. E non mi meraviglio, allora, che l’ideale europeo possa venire in secondo piano per alcuni di loro. O tra i due piani c’è correlazione.

Aps Sì, è proprio questa correlazione che ho cercato di mettere in luce in alcuni passaggi del nostro dialogo. Il momento in cui il mutamente climatico determinato dall’eccesso di anidride carbonica diverrà irreversibile è molto vicino, pochi decenni. Il momento in cui l’estinzione delle specie raggiungerà un tasso non più recuperabile e porterà alla distruzione della natura è anch’esso molto vicino, pochi decenni. Entrambe queste prossime catastrofi saranno state causate dalla specie umana. Entrambe possono ancora essere evitate. Però bisogna intervenire da subito e con misure molto più drastiche di quelle già avviate, anche se praticabili e non distruttive. Un’economia biocompatibile, rispettosa delle risorse del pianeta, è certamente possibile. Ma interessi economici e politici molto potenti e bene organizzati la ostacolano; e le misure necessarie per realizzarla sfuggono all’ottica di breve termine e al corto raggio di incidenza delle politiche nazionali.

È proprio qui che, una volta di più, la presenza attiva dell’Unione europea potrà risultare determinante, a condizione che l’Europa sia davvero unita: l’Europa è più avanti su questo terreno, ma deve poter contare di più, dialogare alla pari con le altre potenze. In altre parole, l’impegno mondialista e l’impegno federalista, che trova il suo centro oggi in Europa ma ha portata planetaria, possono e debbono convivere in ciascuno di noi. Sono, per così dire, due “militanze” ideali complementari. E quella di chi si batte per l’Unione europea ha anche una valenza direttamente politica, oltre che democratica, perché i cittadini europei hanno una struttura già operante e un potere di voto.

Marco Ci sono anche altre sfide (come se queste non bastassero…)?

Aps Dice bene, Marco. Le sfide non sono soltanto il clima e la biodiversità. Dobbiamo quanto meno menzionare l’intelligenza artificiale e le sue interferenze possibili con le scelte individuali e collettive; le manipolazioni genetiche non solo terapeutiche ma potenzialmente invasive sulle generazioni future; gli enormi spazi (e i connessi rischi) che si aprono per le neuroscienze; i meccanismi delle comunicazioni via internet e la minaccia molto reale di controllo capillare sulla vita e sulle preferenze degli individui…. E mi fermo qui.

Marco C’è anche su questi versanti una correlazione con l’Europa?

Aps Sì. Perché in ognuno di questi terreni, fondamentali per le loro prospettive positive ma anche per i rischi immensi che possono comportare per le libertà individuali e collettive, la sfida sta nel saper dominare il campo, nel condurre ricerche indipendenti, nel mettere in atto strategie di governo e di difesa dai pericoli. E l’Europa non dovrebbe dipendere da altri. Non è un caso se oggi Cina e Usa stano impegnando risorse enormi sull’intelligenza artificiale, ad esempio. L’Unione europea può e deve investire a sua volta su ciascuno di questi fronti. Una volta di più, i nostri singoli Stati nazionali non sono in grado di farlo.