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"Bilal" è il titolo di un libro scritto da Fabrizio Gatti (e pubblicato da Rizzoli nel 2007 col sottotitolo “Viaggiare, lavorare, morire da clandestini”). Racconta la drammatica e spesso tragica esperienza, vissuta in prima persona dall'autore col nome di Bilal, di chi cerca di arrivare dall'Africa all'Europa attraverso il deserto e il mare. | "Bilal" è il titolo di un libro scritto da Fabrizio Gatti (e pubblicato da Rizzoli nel 2007 col sottotitolo “Viaggiare, lavorare, morire da clandestini”). Racconta la drammatica e spesso tragica esperienza, vissuta in prima persona dall'autore col nome di Bilal, di chi cerca di arrivare dall'Africa all'Europa attraverso il deserto e il mare. | ||
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Durante tutto il viaggio l’autore raccoglie le tante e diverse storie di molti clandestini, che poi riporta nel libro come tessere di un mosaico che parla di speranze e fallimenti, soprusi e violenze, ma anche di amicizie e solidarietà fra chi vive la stessa drammatica esperienza. | Durante tutto il viaggio l’autore raccoglie le tante e diverse storie di molti clandestini, che poi riporta nel libro come tessere di un mosaico che parla di speranze e fallimenti, soprusi e violenze, ma anche di amicizie e solidarietà fra chi vive la stessa drammatica esperienza. |
Versione delle 06:18, 18 nov 2018
Una testimonianza: Bilal[modifica]
"Bilal" è il titolo di un libro scritto da Fabrizio Gatti (e pubblicato da Rizzoli nel 2007 col sottotitolo “Viaggiare, lavorare, morire da clandestini”). Racconta la drammatica e spesso tragica esperienza, vissuta in prima persona dall'autore col nome di Bilal, di chi cerca di arrivare dall'Africa all'Europa attraverso il deserto e il mare.
Il libro parla dei viaggi in camion sovraffollati, che spesso lasciano dietro di sé qualche sfortunato oppure, quando “naufragano” nella sabbia del deserto, tutti quelli che si erano affidati a vecchi automezzi.
Descrive il drammatico passaggio dai posti di blocco, dove ogni volta tutti devono pagare tangenti ai soldati di guardia. Se non hanno soldi gli uomini vengono trattenuti a lavorare come schiavi e le donne abusate.
Chi riesce ad arrivare in Libia viene internato in prigioni sovraffollate dalle quali esce solo dopo aver lavorato per mesi presso privati in combutta con i soldati e le bande di gangster locali che gestiscono il traffico dei clandestini.
Poi l’imbarco sui barconi, che non di rado affondano nel loro precario viaggio verso le coste italiane. A Lampedusa Bilal viene arrestato e internato in un centro di detenzione, da cui fugge per unirsi a quelli che lavorano come schiavi nei campi di pomodori del Sud. Poi prosegue, sempre da clandestino, verso il Nord d’Italia, che è la meta di molti, nella speranza che da lì si riesca a raggiungere la Germania.
Durante tutto il viaggio l’autore raccoglie le tante e diverse storie di molti clandestini, che poi riporta nel libro come tessere di un mosaico che parla di speranze e fallimenti, soprusi e violenze, ma anche di amicizie e solidarietà fra chi vive la stessa drammatica esperienza.