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<div style="text-align:center;">[[File:Wilkinson_Pikett_Disuguaglianze.jpg|200px|thumb|left|Copertina]]</div>
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= Mercato del lavoro =
  
<div style="text-align:center;">Richard Wilkinson, Kate Pickett</div>
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== Incontro fra domanda e offerta ==
  
<div style="text-align:center;">'''La misura dell'anima. Perché le diseguaglianze rendono le società più infelici'''</div>
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Quando si entra in un negozio e si chiede di comprare un oggetto, in economia noi siamo dalla parte della ''domanda'' e il negozio dalla parte dell’''offerta''. Infatti noi paghiamo per acquistare l’oggetto. Parlando di lavoro ci viene da pensare che è il lavoratore a domandare lavoro all’impresa. Quindi pensiamo che sia lui dalla parte della domanda. Ma non è così, perché ''è l’impresa che paga il lavoratore, che acquista il suo lavoro''. È l’impresa dunque che sta dalla parte della ''domanda'' ed è il lavoratore che ''offre'' le sue competenze e il suo tempo, cioè il suo lavoro. E il punto del loro accordo, il punto di incontro è il ''salario'' prima di tutto. Oltre al salario, il rapporto è regolato da un contratto che prevede molti altri accordi: orario, mansioni, ferie, permesso di maternità, indennità di malattia ecc.
  
<div style="text-align:center;">Feltrinelli - ISBN 9788807723933 - Milano, 2012 - 300 pagine - Libro 8,50€</div>
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<div style="text-align:center;">[[Image:|top]]</div>
  
<div style="text-align:center;">http://www.feltrinellieditore.it/opera/opera/la-misura-dellanima-1/</div>
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<div style="text-align:center;">Curve della domanda e dell’offerta.</div>
  
''Kate Pickett'' è fellow all’University of York e lavora presso il National Institute for Health Research. Ha studiato Antropologia a Cambridge, Scienze nutrizionali alla Cornell ed Epidemiologia a Berkeley, prima di lavorare per quattro anni come assistant professor alla University of Chicago.<br/>
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A quale livello di salario ci sarà l’incontro fra la domanda dell’impresa e l’offerta di lavoro? Pensiamo un caso semplice: io posso far fare un lavoro a poche persone veloci ed esperte, ma ben pagate. Oppure darlo a più persone, meno veloci ed esperte, ma pagarle di meno. Mentre per me come lavoratore è l’inverso: io sono disposto a lavorare molto se sono ben pagato. Ma se mi pagano poco, lavorerò poco.
''Richard Wilkinson'' ha studiato Storia economica alla London School of Economics, prima di specializzarsi in Epidemiologia. È professore emerito alla University of Nottingham Medical School e professore onorario allo University College di Londra.
 
  
'''Alcuni pensano che la lotta per l'esistenza e quindi le disuguaglianze economiche e sociali siano indispensabili alla società per progredire. Pensano cioè che chi è meno dotato è giusto che resti indietro. Altri trovano invece che tutti dovremmo avere alla nascita pari opportunità. In modo che tutti possano far fruttare al massimo le proprie doti di intelligenza e di carattere. Wilkinson e Pikett dimostrano con le loro ricerche che le società sviluppate più egualitarie sono appunto quelle che funzionano meglio. Notano che molti Stati hanno raggiunto oramai un limite massimo del benessere economico complessivo. Ma quelli che mantengono una forte disuguaglianza nella ripartizione di questo benessere, soffrono maggiori disagi sociali: malattie, criminalità, tossicodipendenza ecc. Gli autori fanno quindi alcune proposte per ridurre la disuguaglianza.'''
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Si osserva allora che il “lavoro” può essere pensato sia come numero di lavoratori, sia come ore di lavoro. E il “salario” rappresenta il costo di questo “lavoro”.
  
<div style="text-align:center;">'''Estratto - Ipotesi di lavoro, poi verificate'''</div>
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In conclusione, la '''''domanda''' di lavoro va da salari alti con poco lavoro a salari bassi con molto lavoro''. Mentre ''l’'''offerta''' di lavoro va da salari bassi con poco lavoro a salari alti con molto lavoro''.
  
[[File:Tasso_di_mortalita_in_USA.jpg|border|right|thumb|400px|Fig. 1.4 - Tasso di mortalità negli USA/Livello di reddito.]]
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Questo discorso può essere tradotto in una figura, che ha in orizzontale il lavoro e in verticale il salario, e che rappresenta l’incontro fra la domanda da parte delle imprese e l’offerta da parte dei lavoratori. Quindi la curva della domanda si abbassa al crescere del lavoro, mentre l’offerta va al contrario. Il punto A rappresenta l’incontro della domanda con l’offerta. Il punto B il salario e il punto C il lavoro corrispondenti.
  
(pag. 27) Nella figura 1.4 i tassi di mortalità si riferiscono a individui che vivono in distretti postali classificati in base al reddito medio dei nuclei familiari che vi abitano. A destra si trovano i distretti postali più ricchi, con tassi di mortalità più bassi, e a sinistra i distretti più poveri, con tassi di mortalità più elevati. Anche se abbiamo illustrato il fenomeno utilizzando dati statunitensi, gradienti di salute simili, più o meno ripidi, si riscontrano in quasi tutte le realtà sociali.
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== Crescita economica o crisi ==
  
Redditi più alti sono associati a tassi di mortalità più bassi a tutti i livelli della società. La questione non è soltanto che i poveri versano in condizioni di salute peggiori di chiunque altro; ciò che colpisce è il carattere regolare del gradiente di salute che attraversa l’intera società. È un gradiente che ci riguarda tutti.
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<div style="text-align:center;">[[Image:|top]]</div>
  
All’interno di ciascun paese, la salute e la felicità individuali sono correlate al reddito: i ricchi tendono, in media, a essere più sani e più felici delle persone meno abbienti nella stessa società. Ma se si mettono a confronto i paesi benestanti, è ininfluente che, in media, i membri di una società siano quasi due volte più ricchi di quelli di un’altra.
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<div style="text-align:center;">Crescita economica o crisi.</div>
  
Come possiamo interpretare questo paradosso, cioè che le differenze di reddito medio o di tenore di vita di intere popolazioni o interi paesi sono del tutto irrilevanti, mentre le disparità dei redditi all’interno di questi stessi contesti sociali hanno una notevolissima influenza? Due sono le spiegazioni plausibili. La prima è che il fattore rilevante nei paesi ricchi non sia tanto il livello di reddito o il tenore di vita dell’individuo in senso assoluto, quanto la condizione del singolo rispetto ad altri membri della società. Forse ciò che conta non è tanto il tenore di vita medio, quanto unicamente il fatto di trovarsi in una situazione migliore o peggiore di quella di altri: in altre parole, l’aspetto importante è il posto occupato nella scala sociale.
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Cosa succede se l’economia è in crescita? La curva della domanda si sposta verso destra perché a parità di salario, l’impresa ha bisogno di più lavoro. Ma il punto di incontro, A’, fa vedere che il maggiore lavoro andrà retribuito con un salario maggiore. Si ha così un aumento dell’occupazione (e una diminuzione della <span style="background-color:#ffff00;">disoccupazione</span>).
  
L’altra possibilità è che il gradiente sociale della salute, illustrato nella figura 1.4, sia determinato non tanto dagli effetti del reddito relativo o dello status sociale sul benessere psicofisico, quanto piuttosto dalla mobilità sociale, che discrimina tra le persone con condizioni di salute differenti. Forse le persone sane tendono a salire la scala sociale, mentre quelle non sane rimangono ai gradini più bassi.
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Un periodo del genere si è avuto dopo il 1969 col cosiddetto ''Autunno caldo''.<ref name="ftn1">'''Vedi: [https://it.wikipedia.org/wiki/Autunno_caldo https://it.wikipedia.org/wiki/Autunno_caldo] '''</ref> Allora i sindacati sono diventati più forti ed è stato creato lo ''Statuto dei lavoratori <ref name="ftn2">'''''Vedi: [https://it.wikipedia.org/wiki/Statuto_dei_lavoratori https://it.wikipedia.org/wiki/Statuto_dei_lavoratori] '''''</ref> (1970) che proteggeva i lavoratori con una serie di tutele e rendeva difficile il licenziamento (articolo 18).
  
Questo dilemma verrà risolto nel prossimi capitoli, dove esamineremo gli effetti di una riduzione o di un ampliamento delle disparità dei redditi all’interno di una società, per stabilire se le società caratterizzate da maggiore o minore diseguaglianza siano gravate dal medesimo carico di problemi sanitari e sociali.
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Se invece c’è crisi la curva della domanda si sposta a sinistra perché l’impresa vende meno, quindi produce meno e ha bisogno di meno lavoro. Il punto di incontro sarà A”. Dunque si ha una diminuzione sia dei salari, sia dei lavoratori, e aumenta la disoccupazione.
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È quello che è successo nel 2008, quando la crisi finanziaria dagli USA ha raggiunto l’Europa. E, in Italia, la disoccupazione, soprattutto giovanile, e la povertà hanno raggiunto livelli intollerabili. Lo si vede nella figura: è il punto segnato dalla freccia in cui si nota un brusco abbassamento del <span style="background-color:#ffff00;">PIL (Prodotto Interno Lordo)</span>.
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== Nel 2008 la crescita si è interrotta ==
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Ci sono state altre crisi economiche in Italia. Per esempio quelle del 1973<ref name="ftn3">'''Vedi: [https://it.wikipedia.org/wiki/Crisi_energetica_(1973) https://it.wikipedia.org/wiki/Crisi_energetica_(1973)]</ref> e 1979<ref name="ftn4">'''Vedi: [https://it.wikipedia.org/wiki/Crisi_energetica_(1979) https://it.wikipedia.org/wiki/Crisi_energetica_(1979)]</ref>, causate dal rincaro del petrolio - da cui dipendiamo. Come si vede dal grafico del PIL, l’Italia è però riuscita a crescere costantemente. Ha superato le crisi utilizzando soprattutto due strumenti: il <span style="background-color:#ffff00;">debito</span> e la <span style="background-color:#ffff00;">svalutazione</span> della lira. Ora però non possiamo più usarli, perché'' il debito è già troppo pesante e non va aumentato''. La svalutazione renderebbe i nostri prodotti più economici all’estero dando impulso alle esportazioni e all’economia in generale. Ma ''la svalutazione non è possibile'' perché la nostra moneta, l’euro, è ora gestita in comune fra noi e gli altri 18 paesi dell’<span style="background-color:#ffff00;">Eurozona</span><ref name="ftn5">'''Vedi: [https://it.wikipedia.org/wiki/Zona_euro https://it.wikipedia.org/wiki/Zona_euro]</ref>.
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== Le leggi che regolano il nostro mercato del lavoro ==
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Il mercato del lavoro è influenzato soprattutto dalla richiesta di beni e servizi. (Quella che gli economisti chiamano la <span style="background-color:#ffff00;">domanda aggregata</span>.) Ma dipende anche molto dalle leggi che lo regolano. Perché da una parte è importante tutelare i lavoratori, e dall’altra dare alle imprese la necessaria flessibilità per potersi adattare agli <span style="background-color:#ffff00;">shock economici</span> assumendo e licenziando manodopera.
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Il nostro mercato del lavoro è stato per molto tempo regolato dalla legge chiamata ''Statuto dei lavoratori''. Poi, nel 2015, l’insieme di leggi, denominate <span style="background-color:#ffff00;">''Job Act''</span>, hanno cercato di rendere più flessibile l’incontro fra imprese e lavoratori, senza rinunciare alle giuste tutele dei lavoratori.
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Versione delle 19:33, 6 dic 2018

Mercato del lavoro[modifica]

Incontro fra domanda e offerta[modifica]

Quando si entra in un negozio e si chiede di comprare un oggetto, in economia noi siamo dalla parte della domanda e il negozio dalla parte dell’offerta. Infatti noi paghiamo per acquistare l’oggetto. Parlando di lavoro ci viene da pensare che è il lavoratore a domandare lavoro all’impresa. Quindi pensiamo che sia lui dalla parte della domanda. Ma non è così, perché è l’impresa che paga il lavoratore, che acquista il suo lavoro. È l’impresa dunque che sta dalla parte della domanda ed è il lavoratore che offre le sue competenze e il suo tempo, cioè il suo lavoro. E il punto del loro accordo, il punto di incontro è il salario prima di tutto. Oltre al salario, il rapporto è regolato da un contratto che prevede molti altri accordi: orario, mansioni, ferie, permesso di maternità, indennità di malattia ecc.

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Curve della domanda e dell’offerta.

A quale livello di salario ci sarà l’incontro fra la domanda dell’impresa e l’offerta di lavoro? Pensiamo un caso semplice: io posso far fare un lavoro a poche persone veloci ed esperte, ma ben pagate. Oppure darlo a più persone, meno veloci ed esperte, ma pagarle di meno. Mentre per me come lavoratore è l’inverso: io sono disposto a lavorare molto se sono ben pagato. Ma se mi pagano poco, lavorerò poco.

Si osserva allora che il “lavoro” può essere pensato sia come numero di lavoratori, sia come ore di lavoro. E il “salario” rappresenta il costo di questo “lavoro”.

In conclusione, la domanda di lavoro va da salari alti con poco lavoro a salari bassi con molto lavoro. Mentre l’offerta di lavoro va da salari bassi con poco lavoro a salari alti con molto lavoro.

Questo discorso può essere tradotto in una figura, che ha in orizzontale il lavoro e in verticale il salario, e che rappresenta l’incontro fra la domanda da parte delle imprese e l’offerta da parte dei lavoratori. Quindi la curva della domanda si abbassa al crescere del lavoro, mentre l’offerta va al contrario. Il punto A rappresenta l’incontro della domanda con l’offerta. Il punto B il salario e il punto C il lavoro corrispondenti.

Crescita economica o crisi[modifica]

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Crescita economica o crisi.

Cosa succede se l’economia è in crescita? La curva della domanda si sposta verso destra perché a parità di salario, l’impresa ha bisogno di più lavoro. Ma il punto di incontro, A’, fa vedere che il maggiore lavoro andrà retribuito con un salario maggiore. Si ha così un aumento dell’occupazione (e una diminuzione della disoccupazione).

Un periodo del genere si è avuto dopo il 1969 col cosiddetto Autunno caldo.[1] Allora i sindacati sono diventati più forti ed è stato creato lo Statuto dei lavoratori [2] (1970) che proteggeva i lavoratori con una serie di tutele e rendeva difficile il licenziamento (articolo 18).

Se invece c’è crisi la curva della domanda si sposta a sinistra perché l’impresa vende meno, quindi produce meno e ha bisogno di meno lavoro. Il punto di incontro sarà A”. Dunque si ha una diminuzione sia dei salari, sia dei lavoratori, e aumenta la disoccupazione.

È quello che è successo nel 2008, quando la crisi finanziaria dagli USA ha raggiunto l’Europa. E, in Italia, la disoccupazione, soprattutto giovanile, e la povertà hanno raggiunto livelli intollerabili. Lo si vede nella figura: è il punto segnato dalla freccia in cui si nota un brusco abbassamento del PIL (Prodotto Interno Lordo).

Nel 2008 la crescita si è interrotta[modifica]

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Crescita dell’economia misurata dal PIL.

Ci sono state altre crisi economiche in Italia. Per esempio quelle del 1973[3] e 1979[4], causate dal rincaro del petrolio - da cui dipendiamo. Come si vede dal grafico del PIL, l’Italia è però riuscita a crescere costantemente. Ha superato le crisi utilizzando soprattutto due strumenti: il debito e la svalutazione della lira. Ora però non possiamo più usarli, perché il debito è già troppo pesante e non va aumentato. La svalutazione renderebbe i nostri prodotti più economici all’estero dando impulso alle esportazioni e all’economia in generale. Ma la svalutazione non è possibile perché la nostra moneta, l’euro, è ora gestita in comune fra noi e gli altri 18 paesi dell’Eurozona[5].

Le leggi che regolano il nostro mercato del lavoro[modifica]

Il mercato del lavoro è influenzato soprattutto dalla richiesta di beni e servizi. (Quella che gli economisti chiamano la domanda aggregata.) Ma dipende anche molto dalle leggi che lo regolano. Perché da una parte è importante tutelare i lavoratori, e dall’altra dare alle imprese la necessaria flessibilità per potersi adattare agli shock economici assumendo e licenziando manodopera.

Il nostro mercato del lavoro è stato per molto tempo regolato dalla legge chiamata Statuto dei lavoratori. Poi, nel 2015, l’insieme di leggi, denominate Job Act, hanno cercato di rendere più flessibile l’incontro fra imprese e lavoratori, senza rinunciare alle giuste tutele dei lavoratori.