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= Incontro fra domanda e offerta =
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= Indice di Gini =
  
[[File:Curva_della_domanda_e_offerta.png|border|right|thumb|Curva della domanda e dell'offerta.]]
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== Le diseguaglianze rendono le società più sofferenti ==
  
Quando si entra in un negozio e si chiede di comprare un oggetto, in economia noi siamo dalla parte della ''domanda'' e il negozio dalla parte dell’''offerta''. Infatti noi paghiamo per acquistare l’oggetto. Parlando di lavoro ci viene da pensare che è il lavoratore a domandare lavoro all’impresa. Quindi pensiamo che sia lui dalla parte della domanda. Ma non è così, perché ''è l’impresa che paga il lavoratore, che acquista il suo lavoro''. È l’impresa dunque che sta dalla parte della ''domanda'' ed è il lavoratore che ''offre'' le sue competenze e il suo tempo, cioè il suo lavoro. E il punto del loro accordo, il punto di incontro è il ''salario'' prima di tutto. Oltre al salario, il rapporto è regolato da un contratto che prevede molti altri accordi: orario, mansioni, ferie, permesso di maternità, indennità di malattia ecc.
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L’indice di Gini<ref name="ftn1">Detto anche in Statistica “grado di concentrazione”.</ref> è un numero, molto usato in Statistica, che misura la ''diseguaglianza nella ripartizione del reddito'' in uno Stato o in una Regione. Attualmente è un valore sensibile perché nel mondo la diseguaglianza è in aumento e questo non è positivo. Lo hanno dimostrato <span style="background-color:#ffff00;">Richard Wilkinson e Kate Pikett</span> con le loro ricerche pubblicate nel libro: “La misura dell'anima. Perché le diseguaglianze rendono le società più infelici”.<ref name="ftn2"><nowiki>[[Wilkinson_Pikett_Diseguaglianze|Pickett, Kate, Wilkinson, Richard, '''La misura dell'anima. Perché le diseguaglianze rendono le società più infelici''', Feltrinelli, 2012]]</nowiki></ref>
  
La domanda di lavoro delle imprese è una relazione tra salario e occupazione: ogni impresa rileva un salario di equilibrio del mercato e decide di conseguenza quanti lavoratori occupare. All’aumentare del livello di salario di mercato, diminuisce il numero di lavoratori impiegati (la curva è inclinata negativamente, la domanda di lavoro è decrescente rispetto al salario).  
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Lì si mostra che in uno dei nostri paesi economicamente sviluppati - e l’Italia lo è senz’altro - se c’è una grande diseguaglianza di reddito e di opportunità fra le persone, c’è anche un forte disagio sociale. Mentre se c’è maggiore eguaglianza, la società è più concorde e più felice. Detto così sembra una favola, ma per chi vive in povertà e fa i conti con la disoccupazione le cose sono drammatiche.
  
L’offerta di lavoro dei lavoratori mette in relazione il salario di mercato (che si determina in modo indipendente dalle scelte del lavoratore) e il numero di persone disposte a lavorare a quel salario. Il numero di persone disposte a lavorare aumenta al crescere del salario a cui vengono retribuite, la curva è inclinata positivamente, la relazione è positiva.
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Gli autori osservano che in molte società si è oramai raggiunto un livello di benessere medio (reddito pro capite) più che sufficiente. Ma è la cattiva distribuzione di questo benessere a creare problemi. Si riportano qui, a titolo di esempio, due grafici della loro ricerca. Nel primo, relativo a ''Problemi sociali e Reddito pro capite'', si vede che i punti sono sparpagliati. Non sono allineati in una direzione, dunque i problemi sociali non dipendono dal reddito medio. Mentre se si considerano i ''Problemi sociali e la Diseguaglianza di reddito'' si nota che nel secondo grafico i punti sono sensibilmente allineati. Quindi i problemi sociali dipendono dalla disuguaglianza.
  
Questo è il caso più semplice di concorrenza perfetta, in cui né imprese, né lavoratori possono determinare il salario di equilibrio (sono ''price takers'', prendono il salario per dato dai meccanismi di mercato). Esistono poi però casi di monopolio, oligopolio, concorrenza monopolistica, dove i prezzi non sono semplicemente dati, ma le aziende hanno una capacità di determinare i prezzi (sono ''price makers''), quindi i salari (che sono una componente dei prezzi).
 
  
A quale livello di salario ci sarà l’incontro fra la domanda dell’impresa e l’offerta di lavoro? Pensiamo un caso semplice: io posso far fare un lavoro a poche persone veloci ed esperte, ma ben pagate. Oppure darlo a più persone, meno veloci ed esperte, ma pagarle di meno. Dunque la ''domanda di lavoro va da salari alti con poco lavoro a salari bassi con molto lavoro''. Mentre per il lavoratore è l’inverso: io sono disposto a lavorare molto se sono ben pagato. Ma se mi pagano poco, lavorerò poco. Dunque ''l’offerta di lavoro va da salari bassi con poco lavoro a salari alti con molto lavoro''.  
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La figura, che ha in orizzontale il lavoro<ref name="ftn1">Il lavoro può essere pensato sia come ore di lavoro, sia come numero di lavoratori.</ref> e in verticale il salario, rappresenta come si forma l’incontro fra la domanda da parte delle imprese e l’offerta da parte dei lavoratori. Per essere precisi nel grafico si mette sull’asse delle ascisse la variabile Occupazione, non lavoro (di solito intesa come n. di ore lavorate) e su quella delle ordinate il Salario.
 
  
La curva della domanda si abbassa al crescere del lavoro (non è chiaro cosa intende dire, ma la curva di domanda non si abbassa al crescere del lavoro: infatti se lei dice si abbassa vuol dire che c’è uno spostamento, come ad esempio nel punto A’’, dove il livello di occupazione è più basso) Forse voleva dire che “ci si muove lungo la curva di offerta e di domanda, quindi al diminuire del salario aumenta l’occupazione”, mentre l’offerta va al contrario. Il punto A rappresenta l’incontro della domanda con l’offerta. Il punto B il salario di equilibrio del mercato e il punto C il livello di occupazione corrispondente.
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== Calcolo dell’indice di Gini ==
  
= Crescita economica o crisi =
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Supponiamo di avere quattro gruppi di persone: A, B, C, D, E, che hanno redditi diversi. Si rappresentano i redditi con rettangoli di altezza proporzionale. Nel primo caso hanno tutti lo stesso reddito, pari a 20. Nel secondo si differenziano un poco e nel terzo ancora di più. Fino all’estremo in cui tutto il reddito è concentrato in un solo gruppo. Più aumenta la concentrazione, più aumenta la diseguaglianza nella distribuzione del reddito.
  
Cosa succede se l’economia è in crescita? La curva della domanda si sposta verso destra perché a parità di salario, l’impresa ha bisogno di più lavoro, e ciò spinge il salario di equilibrio verso l’alto, nel punto A’ perché le imprese sono disposte a pagare di più i lavoratori. Aumentano sia il salario diequilibrio, sia il livello di occupazione. Ma il punto di incontro, A’, fa vedere che il maggiore lavoro andrà retribuito con un salario maggiore. Si ha così un aumento dell’occupazione (e una diminuzione della <span style="background-color:#ffff00;">disoccupazione</span>).
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Un periodo del genere si è avuto dopo il 1969 col cosiddetto ''Autunno caldo''.<ref name="ftn2">Vedi: [https://it.wikipedia.org/wiki/Autunno_caldo https://it.wikipedia.org/wiki/Autunno_caldo]</ref> Allora i sindacati sono diventati più forti ed è stato creato lo ''Statuto dei lavoratori'' <ref name="ftn3">Vedi: [https://it.wikipedia.org/wiki/Statuto_dei_lavoratori https://it.wikipedia.org/wiki/Statuto_dei_lavoratori]</ref> (1970) che proteggeva i lavoratori con una serie di tutele e rendeva difficile il licenziamento (articolo 18).
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Ora si vuole attribuire un valore a questo grado di concentrazione. Si nota che disponendo così i rettangoli, la linea rossa che li attraversa si curva sempre di più, scostandosi dalla diagonale azzurra. Calcoliamo allora l’area compresa fra la linea blu e la linea rossa e dividiamo il risultato per l’area del triangolo ABC. Questo rapporto è l’''indice di Gini'' che ci dà la misura della concentrazione, oppure - che è lo stesso - della diseguaglianza nella distribuzione del reddito.
  
Se invece c’è crisi la curva della domanda si sposta a sinistra perché l’impresa vende meno, quindi produce meno e ha bisogno di meno lavoro. Il punto di incontro sarà A”. Dunque si ha una diminuzione sia dei salari, sia dei lavoratori, quindi aumenta la disoccupazione.
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Nel primo caso l’area è zero, dunque l’indice di Gini è zero. È il caso in cui non c’è diseguaglianza. Nell’ultimo caso si tende alla maggiore diseguaglianza possibile. E l’indice di Gini tende all’unità. Quindi l’indice di Gini varia fra zero e uno. Calcoliamolo, per esempio, nel secondo caso (2b). Il triangolo ABC misura 10x10/2 = 50 quadretti. L’area sotto la linea rossa è data dalla metà dei rettangoli: 1+1+2+2+4, più i quadretti sottostanti: 2+4+8+12. In totale: 10+26 = 36. Allora l’area fra le due linee è 50-36 = 14. E l’indice di Gini è: 14/50 = 0,28.
  
È quello che è successo nel 2008, quando la crisi finanziaria dagli USA ha raggiunto l’Europa. E, in Italia, la disoccupazione, soprattutto giovanile, e la povertà hanno raggiunto livelli intollerabili. Lo si vede nella figura: è il punto segnato dalla freccia in cui si nota un brusco abbassamento del <span style="background-color:#ffff00;">PIL (Prodotto Interno Lordo)</span>.
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Naturalmente ci sono spiegazioni più generali e quindi più complicate del calcolo dell’indice di Gini che si possono trovare facilmente su internet.<ref name="ftn3">Vedi: [https://it.wikipedia.org/wiki/Coefficiente_di_Gini https://it.wikipedia.org/wiki/Coefficiente_di_Gini] e vedi l’articolo della prof. Paola Vicard “Calcolo dell’indice di concentrazione (indice di Gini) con la formula dei trapezi”: [http://host.uniroma3.it/facolta/economia/db/materiali/insegnamenti/157_1319.pdf http://host.uniroma3.it/facolta/economia/db/materiali/insegnamenti/157_1319.pdf]
  
= Nel 2008 la crescita si è interrotta =
 
  
[[File:PIL_1954_2015_ISTAT.png|border|right|thumb|Crescita dell’economia misurata dal PIL.]]
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</ref>
  
Ci sono state altre crisi economiche in Italia. Per esempio quelle del 1973<ref name="ftn4">Vedi: [https://it.wikipedia.org/wiki/Crisi_energetica_(1973) https://it.wikipedia.org/wiki/Crisi_energetica_(1973)]</ref> e 1979<ref name="ftn5">Vedi: [https://it.wikipedia.org/wiki/Crisi_energetica_(1979) https://it.wikipedia.org/wiki/Crisi_energetica_(1979)]</ref>, causate dal rincaro del petrolio - da cui dipendiamo. Come si vede dal grafico del PIL, l’Italia è però riuscita a crescere costantemente. Ha superato le crisi utilizzando soprattutto due strumenti: il <span style="background-color:#ffff00;">debito</span> e la <span style="background-color:#ffff00;">svalutazione</span> della lira. Ora però non possiamo più usarli, perché'' il debito è già troppo pesante e non va aumentato, in rispetto alle regole fiscali europee a cui l’Italia è vincolata ''. La svalutazione renderebbe i nostri prodotti più economici (direi “più competititivi”) all’estero dando impulso alla domanda di esportazioni dall’estero e quindi all’economia in generale. Ma ''la svalutazione non è possibile'' perché la nostra moneta, l’euro, è ora gestita in comune fra noi e gli altri 18 paesi dell’<span style="background-color:#ffff00;">Eurozona</span><ref name="ftn6">Vedi: [https://it.wikipedia.org/wiki/Zona_euro https://it.wikipedia.org/wiki/Zona_euro]</ref> dalla Banca centrale europea (Bce).
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Un altro modo, più semplice, di misurare la diseguaglianza è fare il '''rapporto fra i redditi del 20% più ricco e quello 20% più povero'''. Negli esempi precedenti: 20/20 = 1, 40/20 = 2, 45/5 = 9.
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Qui abbiamo fatto il caso di ''redditi diversi'', ma ovviamente si può applicare il calcolo a diversità di ogni genere. Il caso della differenza di reddito è importante perché si affianca allo studio della povertà. Entrambi purtroppo in aumento in molti paesi.
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'''Le diseguaglianze nel mondo'''
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Si può avere un’idea delle diseguaglianze nel mondo da un sito dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OECD - Organisation for Economic Co-operation and Development).<ref name="ftn4">Vedi: [https://www1.compareyourcountry.org/inequality/en/0/313/default https://www1.compareyourcountry.org/inequality/en/0/313/default]</ref>
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Si può visualizzare su una mappa, in modo qualitativo, l’indice di Gini (Gini Coefficient) e l’<span style="background-color:#ffff00;">indice di povertà relativa</span> (Relative Income Poverty).
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I valori numerici possono essere visualizzati in una tabella che qui si riporta. I titoli delle colonne sono: Paese, Anno, Indice di Gini, Indice della povertà relativa, Rapporto fra i redditi del 20% più ricco e quello 20% più povero.
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In Italia, come in molti altri paesi, ci sono importanti'' variazioni regionali'' dell’indice di diseguaglianza. Il diagramma dell’ISTAT ci mostra che l’indice aumenta dal Nord al Sud. Poi si nota anche un sensibile aumento della diseguaglianza dopo il 2014.<ref name="ftn5">Vedi: [http://dati.istat.it/Index.aspx?QueryId=4836 http://dati.istat.it/Index.aspx?QueryId=4836] </ref>
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== Correlazione fra l’indice di Gini e l’indice della povertà relativa ==
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Se si portano in un grafico sia gli indici di Gini, sia gli <span style="background-color:#ffff00;">indici di povertà relativa</span>, della tabella dell’OECD, si osserva che i punti si orientano secondo una direzione, anche se in modo approssimato. Questo fatto ci dice che '''c’è una discreta correlazione fra indice di Gini e indice della povertà relativa'''.
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Se consideriamo il grado di benessere medio (ricchezza pro capite) invece dell’indice di Gini si nota che paesi ricchi come Danimarca (62) e Stati Uniti (59) (fra parentesi è il <span style="background-color:#ffff00;">PIL pro capite</span><ref name="ftn6">Nota: il PIL pro capite non rappresenta il reddito pro capite perché nel PIL entrano anche gli investimenti delle imprese e le spese dello Stato. Il <span style="background-color:#ffff00;">PIL di una nazione</span> è legato anche al numero di abitanti. Quindi una nazione con molti abitanti poveri può avere lo stesso PIL di una con pochi abitanti ricchi. Per avere dunque un’idea migliore del gradi di ricchezza di una nazione, è meglio usare il PIL pro capite.</ref> 2017 in migliaia di dollari - valori letti su sito tradingeconomics<ref name="ftn7">Vedi: [https://it.tradingeconomics.com/turkey/indicators https://it.tradingeconomics.com/turkey/indicators]</ref>), sono molto lontani nel grafico, così come paesi poveri come Slovacchia (20) e Turchia (15). Questa è una conferma del fatto che'' non c’è correlazone fra PIL pro capite e diseguaglianza'' come avevano dimostrato <span style="background-color:#ffff00;">Wilkinson e Pikett</span>.
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= Le leggi che regolano il nostro mercato del lavoro =
 
  
Il mercato del lavoro è influenzato soprattutto dalla richiesta di beni e servizi. (Quella che gli economisti chiamano la <span style="background-color:#ffff00;">domanda aggregata</span>.) Ma dipende anche molto dalle leggi che lo regolano (in gergo, le politiche dell’offerta). Perché da una parte è importante tutelare i lavoratori, e dall’altra dare alle imprese la necessaria flessibilità per potersi adattare agli <span style="background-color:#ffff00;">shock economici</span> assumendo e licenziando manodopera.
 
  
Il nostro mercato del lavoro è stato per molto tempo regolato dalla legge chiamata ''Statuto dei lavoratori''. Poi, nel 2015, l’insieme di leggi, denominate <span style="background-color:#ffff00;">''Job Act''</span>, hanno cercato di rendere più flessibile l’incontro fra imprese e lavoratori, senza rinunciare alle giuste tutele dei lavoratori.
 
  
 
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Versione delle 18:26, 7 dic 2018

Indice di Gini[modifica]

Le diseguaglianze rendono le società più sofferenti[modifica]

L’indice di Gini[1] è un numero, molto usato in Statistica, che misura la diseguaglianza nella ripartizione del reddito in uno Stato o in una Regione. Attualmente è un valore sensibile perché nel mondo la diseguaglianza è in aumento e questo non è positivo. Lo hanno dimostrato Richard Wilkinson e Kate Pikett con le loro ricerche pubblicate nel libro: “La misura dell'anima. Perché le diseguaglianze rendono le società più infelici”.[2]

Lì si mostra che in uno dei nostri paesi economicamente sviluppati - e l’Italia lo è senz’altro - se c’è una grande diseguaglianza di reddito e di opportunità fra le persone, c’è anche un forte disagio sociale. Mentre se c’è maggiore eguaglianza, la società è più concorde e più felice. Detto così sembra una favola, ma per chi vive in povertà e fa i conti con la disoccupazione le cose sono drammatiche.

Gli autori osservano che in molte società si è oramai raggiunto un livello di benessere medio (reddito pro capite) più che sufficiente. Ma è la cattiva distribuzione di questo benessere a creare problemi. Si riportano qui, a titolo di esempio, due grafici della loro ricerca. Nel primo, relativo a Problemi sociali e Reddito pro capite, si vede che i punti sono sparpagliati. Non sono allineati in una direzione, dunque i problemi sociali non dipendono dal reddito medio. Mentre se si considerano i Problemi sociali e la Diseguaglianza di reddito si nota che nel secondo grafico i punti sono sensibilmente allineati. Quindi i problemi sociali dipendono dalla disuguaglianza.


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Calcolo dell’indice di Gini[modifica]

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Supponiamo di avere quattro gruppi di persone: A, B, C, D, E, che hanno redditi diversi. Si rappresentano i redditi con rettangoli di altezza proporzionale. Nel primo caso hanno tutti lo stesso reddito, pari a 20. Nel secondo si differenziano un poco e nel terzo ancora di più. Fino all’estremo in cui tutto il reddito è concentrato in un solo gruppo. Più aumenta la concentrazione, più aumenta la diseguaglianza nella distribuzione del reddito.

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Ora si vuole attribuire un valore a questo grado di concentrazione. Si nota che disponendo così i rettangoli, la linea rossa che li attraversa si curva sempre di più, scostandosi dalla diagonale azzurra. Calcoliamo allora l’area compresa fra la linea blu e la linea rossa e dividiamo il risultato per l’area del triangolo ABC. Questo rapporto è l’indice di Gini che ci dà la misura della concentrazione, oppure - che è lo stesso - della diseguaglianza nella distribuzione del reddito.

Nel primo caso l’area è zero, dunque l’indice di Gini è zero. È il caso in cui non c’è diseguaglianza. Nell’ultimo caso si tende alla maggiore diseguaglianza possibile. E l’indice di Gini tende all’unità. Quindi l’indice di Gini varia fra zero e uno. Calcoliamolo, per esempio, nel secondo caso (2b). Il triangolo ABC misura 10x10/2 = 50 quadretti. L’area sotto la linea rossa è data dalla metà dei rettangoli: 1+1+2+2+4, più i quadretti sottostanti: 2+4+8+12. In totale: 10+26 = 36. Allora l’area fra le due linee è 50-36 = 14. E l’indice di Gini è: 14/50 = 0,28.

Naturalmente ci sono spiegazioni più generali e quindi più complicate del calcolo dell’indice di Gini che si possono trovare facilmente su internet.[3]

Un altro modo, più semplice, di misurare la diseguaglianza è fare il rapporto fra i redditi del 20% più ricco e quello 20% più povero. Negli esempi precedenti: 20/20 = 1, 40/20 = 2, 45/5 = 9.

Qui abbiamo fatto il caso di redditi diversi, ma ovviamente si può applicare il calcolo a diversità di ogni genere. Il caso della differenza di reddito è importante perché si affianca allo studio della povertà. Entrambi purtroppo in aumento in molti paesi.

Le diseguaglianze nel mondo

Si può avere un’idea delle diseguaglianze nel mondo da un sito dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OECD - Organisation for Economic Co-operation and Development).[4]

Si può visualizzare su una mappa, in modo qualitativo, l’indice di Gini (Gini Coefficient) e l’indice di povertà relativa (Relative Income Poverty).


[[Image:|top]] [[Image:|top]]
Gini Coefficient Relative Income Poverty

I valori numerici possono essere visualizzati in una tabella che qui si riporta. I titoli delle colonne sono: Paese, Anno, Indice di Gini, Indice della povertà relativa, Rapporto fra i redditi del 20% più ricco e quello 20% più povero.

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In Italia, come in molti altri paesi, ci sono importanti variazioni regionali dell’indice di diseguaglianza. Il diagramma dell’ISTAT ci mostra che l’indice aumenta dal Nord al Sud. Poi si nota anche un sensibile aumento della diseguaglianza dopo il 2014.[5]

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Correlazione fra l’indice di Gini e l’indice della povertà relativa[modifica]

Se si portano in un grafico sia gli indici di Gini, sia gli indici di povertà relativa, della tabella dell’OECD, si osserva che i punti si orientano secondo una direzione, anche se in modo approssimato. Questo fatto ci dice che c’è una discreta correlazione fra indice di Gini e indice della povertà relativa.

Se consideriamo il grado di benessere medio (ricchezza pro capite) invece dell’indice di Gini si nota che paesi ricchi come Danimarca (62) e Stati Uniti (59) (fra parentesi è il PIL pro capite[6] 2017 in migliaia di dollari - valori letti su sito tradingeconomics[7]), sono molto lontani nel grafico, così come paesi poveri come Slovacchia (20) e Turchia (15). Questa è una conferma del fatto che non c’è correlazone fra PIL pro capite e diseguaglianza come avevano dimostrato Wilkinson e Pikett.

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  1. Detto anche in Statistica “grado di concentrazione”.
  2. [[Wilkinson_Pikett_Diseguaglianze|Pickett, Kate, Wilkinson, Richard, '''La misura dell'anima. Perché le diseguaglianze rendono le società più infelici''', Feltrinelli, 2012]]
  3. Vedi: https://it.wikipedia.org/wiki/Coefficiente_di_Gini e vedi l’articolo della prof. Paola Vicard “Calcolo dell’indice di concentrazione (indice di Gini) con la formula dei trapezi”: http://host.uniroma3.it/facolta/economia/db/materiali/insegnamenti/157_1319.pdf
  4. Vedi: https://www1.compareyourcountry.org/inequality/en/0/313/default
  5. Vedi: http://dati.istat.it/Index.aspx?QueryId=4836
  6. Nota: il PIL pro capite non rappresenta il reddito pro capite perché nel PIL entrano anche gli investimenti delle imprese e le spese dello Stato. Il PIL di una nazione è legato anche al numero di abitanti. Quindi una nazione con molti abitanti poveri può avere lo stesso PIL di una con pochi abitanti ricchi. Per avere dunque un’idea migliore del gradi di ricchezza di una nazione, è meglio usare il PIL pro capite.
  7. Vedi: https://it.tradingeconomics.com/turkey/indicators