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Da EU wiki.
UNA MAPPA PER INIZIARE AD ORIENTARSI NELLE POLITICHE EUROPEE

Vers. 15.1.19



PREMESSA


Quando si parla di politiche europee, si intercettano campi di senso che per loro natura sono interconessi e mutevoli nel tempo e che trovano definizioni non sempre univoche nei documenti e negli atti prodotti dall’UE.

Queste note si propongono di offrire qualche indicazione per orientarsi e per cogliere gli elementi di continuità, di novità, o i limiti e i ritardi da colmare.

Nonostante le difficoltà, è fondamentale provare a calarsi nelle azioni dell’Unione, poiché é forte il rischio che le elezioni europee siano cortocircuitate in una grande operazione di distrazione di massa che fa appello alle paure, e che - senza rimunciare ad enunciare che l’Unione é la meta degli europei- dissimula la volontà di tornare indietro, verso un‘integrazione più lasca e orientata alla rinazionalizzazione delle politiche europee.




LE POLITICHE EUROPEE IN UNA ACCEZIONE AMPIA


In una accezione ampia, alle politiche europee é riconducibile il complesso delle azioni che l’Unione Europea porta avanti e che ritroviamo: nei Piani di azione, nelle Politiche in senso stretto ( es. Ambiente, Concorrenza, Trasporti e reti transeuropee, ecc.), nei Programmi ( per es. il nuovo Erasmus plus), nelle Agende europee ( per es. la nuova Agenda europea per la ricerca e l’innovazione presentata dalla Commissione nel maggio 2018), nelle Strategie (per es. Europa 2020, ma anche in altre strategie più settoriali).

Le politiche di questo grande raggruppamento considerate in senso lato, sono riconducibili al sostegno di: Crescita, Coesione economica e Sociale e Stabilità (attraverso la politica monetaria), che sono i tre cardini su cui é stato costruito l’impiano dell’integrazione europea. Non solo, ma vi sono politiche fondamentali per modellare e orientare le tappe più importanti che mirano ad approfondire l’integrazione tra i paesi europei. Su quest’ultimo punto, la mèta da raggiungere ora é il completamento dell‘Unione Bancaria[1], che comprende la creazione di una Vigilana unica sulle banche dell’Unione, il Sistema europeo di assicurazione dei depositi ecc. xxx.

Completare breve
Se prendiamo in considerazione la Relazione sullo Stato dell’Unione 2018, presentata al Parlamento Europeo dal presidente della Commissione Junker il 12 settembre scorso e vogliamo utilizzarla come Fonte per conoscere le politiche europee, le ritroviamo all’interno delle 10 priorità della Commissione, di cui si dà conto dei progressi compiuti e dello stadio di attuazione nel processo decisionale che coinvolge le Istituzioni europee (Parlamento, Commissione, Consiglio). I contenuti sono ovviamente riferiti all’anno in corso, ma sono organizzati secondo parole chiave (le iniziative) che apparentemente non hanno una organizzazione gerarchica o non lasciano intendere al lettore l’importanza relativa dell’una rispetto all‘altra.
Perché questo modo di presentare le politiche?
La ragione é probabilmente legata al fatto che si evidenzia, o come priorità o come iniziative, tutto ciò che é auspicabile portare a conclusione avendo come mèta il Vertice di Sibiu del 9 maggio 2019, poco prima delle elezioni del Parlamento Europeo (dopo l’ipotizzato recesso del Regno Unito dall’Unione, previsto per il 29 marzo 2019). E‘ comprensibile che si tratti di materia di competizione elettorale.


Anche il „quadro finanziario pluriennale“ proposto nella Relazione per il bilancio dell’Unione 2021-2027, può dare indirettamente conto delle politiche e di come cambiano nel tempo. Accanto alla politica di coesione e alla politica agricola comune che continuano a impegnare parti rilevanti del bilancio, ci sono importanti novità. Sono aumentati significativamente gli stanziamenti proposti per: il Programma di sostegno alla riforma dell’Unione Monetaria Europea, per la Difesa, per le Migrazioni. Il quadro finanziario pluriennale contiene anche la voce „Investimenti“, associata alla istituzione del nuovo fondo, „InvestEU“.
La proposta di questo fondo, presentato dalla Commissione a Bruxelles il 6 giugno 2018, rappresenta una riforma strutturale del bilancio. Si tratta di una estensione del modello utilizzato dal Fondo per gli investimenti strategici, creato dalla commissione Junker, che ha dato buoni risultati. La Commissione propone di destinare a questo Fondo 15,2 miliardi di euro e prevede che il meccanismo moltiplicativo innescato dal fondo, consentirà di mobilitare oltre 650 miliardi di investimenti aggiuntivi in 7 anni. Tutto ciò permetterà di stimolare occupazione, innovazione, competenze e di mobilitare investimenti pubblici e privati all’interno dell’UE, fornendo anche finanziamenti alle piccole e medie imprese.

La Bei (Banca europea degli investimenti) continuerà ad essere il partner finanziario principale della Commissione per questo programma. Con il fondo InvestEU, la Commissione ipotizza di sostenere (con la concessione di investimenti e garanzie), 4 settori di intervento: infrastrutture sostenibili; ricerca, innovazione e digitalizzazione; piccole e medie imprese; investimenti sociali[2] e competenza.


LE POLITICHE IN SENSO STRETTO


Le politiche dell’Unione, intese in senso stretto, sono definibili in modo più analitico e rivolgono la loro azione o all’interno dell’Unione o all’esterno, verso il resto del mondo.

In ogni caso sono molteplici e si differenziano per i loro obiettivi e contenuti, per il processo con cui sono state fondate e portate avanti, per la dotazione di risorse di cui dispongono (in primis quelle di bilancio), per le procedure decisionali che le istituzioni europee adottano per realizzarle, per la responsabilità di chi é chiamato ad attuarle, per la trasversalità delle loro ricadute, ed altro ancora.


Alcuni punti di attenzione per mettere a fuoco le politiche, sono:


  1. Il riferimento storico che ne segna il decollo e l‘evoluzione
  2. Il fondamento giuridico iniziale ed attuale, in base al Trattato di Lisbona
  3. L’attribuzione di competenza della politica e le modalità di condivisione delle responsabilità tra l’UE e gli Stati membri, che sono legate al principio di sussidiarietà
  4. Gli obiettivi e i campi di azione che la politica nel tempo é venuta a perseguire



Nel testo „Perché l’Europa“, al cap. III, già si é detto che nell’arco dell’integrazione europea, ci sono stati degli snodi cruciali che hanno segnato le tappe fondative delle più importanti politiche europee: sono i Trattati. Non tutti, ma in particolare: il Trattato di Roma, l’Atto Unico Europeo, il Trattato di Maastricht, il Trattato di Lisbona. La crisi finanziaria ed economica che ha colpito l’Unione dal 2008, con gli esiti delle misure adottate per fronteggiarla, ha impresso importanti modifiche e proposte politiche che saranno rilevanti nel dibattito per le elezioni del Parlamento Europeo. Pensiamo al consolidamento della zona euro e all’ESM (European Stability Mechanism).


Se consideriamo il profilo delle competenze, non possiamo mettere sullo stesso piano tutte le politiche dell‘Unione poiché gli Stati membri hanno rinunciato alla loro sovranità solo in un numero limitato di settori in cui l’Unione ha competenza esclusiva. Negli altri settori l’Unione realizza le politiche con la cooperazione degli Stati membri oppure si limita a coordinare o a sostenere l’azione degli Stati. Ed é qui che assistiamo a forti tensioni per rinazionalizzare le politiche europee anche là dove l’evidenza mostra che il singolo stato non é in grado da solo di far fronte ai problemi.

E‘ molto importante essere consapevoli che la direzione positiva per tutti é quella della collaborazione tra i paesi dell’Unione anziché quella che porta a sottrarsi. C’é molta strada da fare per una maggiore integrazione e occorre sapere che ci sono:


  1. politiche che riguardano i settori affidati alla responsabilità esclusiva dell‘Unione ( Unione doganale, Concorrenza nel mercato unico, Politica monetaria nei paesi che utilizzano l’euro, Politica commerciale comune, Conservazione delle risorse biologiche marine nel quadro della politica comune della pesca).


# politiche attuate nei settori in cui l’Unione condivide le responsabilità con gli Stati membri (Mercato unico, Aspetti della politica sociale definiti dal Trattato di Lisbona, Coesione economica e sociale, Agricoltura e pesca tranne la conservazione delle risorse biologiche marine, Ambiente, Protezione dei consumatori, Trasporti e reti transeuropee, Energia, Spazio di libertà, sicurezza e giustizia in cui rientra l’immigrazione, Problemi comuni in materia di sanità pubblica, Ricerca, sviluppo tecnologico e spazio, Cooperazione per lo sviluppo e Aiuti umanitari).


# politiche in settori che rimangono di competenza degli Stati membri e nei quali l’UE può svolgere solo un ruolo di sostegno e di coordinamento (Tutela e miglioramento della salute umana, Industria o imprese?? Cultura, Turismo, Istruzione, formazione professionale, Giovani e sport, Protezione civile, Cooperazione amministrativa).



Fin qui sono state evidenziate prevalentemente le politiche rivolte all’interno dell’Unione, ma vi sono altre politiche attraverso le quali si compie l’azione esterna dell’Unione.

Oltre alla citata Politica commerciale comune, ricordiamo: la Politica estera e di sicurezza comune (PESC) e la Politica di sicurezza e difesa comune (PSDC), la Cooperazione con i paesi terzi, l’aiuto umanitario, la Politica europea di vicinato, la Clausola di solidarietà che opera a favore di uno Stato membro vittima di atti di terrorismo, o di calamità naturali o provocate dall’uomo.


Il Trattato di Lisbona ha conferito all’Unione la personalità giuridica unica, con la conseguenza che l’Unione può stipulare a proprio nome, nelle materie di sua competenza, accordi internazionali, che vincolano le sue istituzioni e gli Stati membri. Si tratta di accordi commerciali, di accordi di cooperazione allo sviluppo, di accordi di cooperazione economica, finanziaria e tecnica con i paesi terzi e di accordi di associazione. Per concludere questi accordi sono previsti particolari procedimenti che possono implicare ruoli differenziati ( a seconda della tipologia di accordo) della Commissione, dell’Alto Rappresentante dell’Unione, del Consiglio e del Parlamento Europeo. Gli accordi di associazione sono più complessi da realizzare poiché devono istituzionalizzare il rapporto tra l’Unione e lo Stato o gli Stati associati e perciò contemplano un Consiglio, un Comitato e una Conferenza parlamentare dell’associazione.

Spesso l’Unione ha fatto ricorso agli accordi di associazione per acquisire nuovi mercati o per regolare il periodo di transizione che ha preceduto l’ingresso nell‘ Unione di un nuovo Stato membro.

Poiché tutti questi accordi richiedono in generale la capacità di negoziare con paesi terzi, molti dei quali appartenenti a subcontinenti del mondo (a loro volta spesso aggregati da patti o vincoli economico/commerciali), é evidente che ogni Stato membro dell’Unione trae vantaggio dall’essere parte dell’Unione, poiché se dovesse agire da solo non avrebbe una forza contrattuale sufficiente a negoziare su di un piano di parità.


Infine, i Trattati impegnano l’Unione a cooperare con precise organizzazioni internazionali - gli organi e gli istituti specializzati delle Nazioni Unite, il Consiglio d’Europa, l’Organizzzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) e l‘Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) – e a intraprendere i collegamenti con altre organizzazioni internazionali.


EUROPA ECONOMICA verso EUROPA SOCIALE


L’attesa di molta parte dei cittadini europei é quella che il baricentro del processo di integrazione europea si sposti verso un’Europa sociale.

E‘ un processo difficile, che richiede agli Stati non solo la cooperazione, ma anche l‘accettazione di un approccio ispirato a rispetto e fiducia reciproca per il suo avanzamento. (Inoltre non deve accadere che le costituzioni nazionali (che in Europa sono mediamente avanzate), vengano depotenziate per quanto riguarda la tutela dei diritti, come accade in alcuni paesi). Infatti l’Unione europea non può permettersi di sottrarre il cittadino dal richiedere la tutela dei suoi diritti al suo Paese e alla sua Costituzione, se non riesce a mettere intorno alla Carta dei diritti – che è pur parte del Trattato di Lisbona - delle politiche che li rendano esigibili. Ma queste politiche sarebbero possibili se ci fosse una maggiore integrazione europea, perché implicano gradi di mutualizzazione degli impegni e dei rischi da parte degli Stati dell’Unione. Per fare un esempio, pensiamo alla proposta di assicurazione europea contro la disoccupazione[3].


Non sempre é efficace utilizzare la dicotomia „europa economica/europa sociale“ per valutare a prima vista i contenuti delle politiche, così come vengono enunciati nei documenti dell’Unione.

Facciamo alcuni esempi:


  1. La commissione Junker nel discorso sullo Stato dell’Unione del 2015 aveva posto l’esigenza


di sviluppare un „Pilastro europeo dei diritti sociali“, che metaforicamente richiamava alla memoria i pilastri su cui il Trattato di Maastricht ha rifondato l’Unione Europea. Questa proposta faceva seguito al progetto della Commissione di articolare il pilastro su tre punti principali: 1) pari opportunità di accesso al mondo del lavoro e sostegno all’occupazione; 2) equo bilanciamento tra diritti e doveri dei lavoratori e dei datori di lavoro, nonché tra flessibilità e sicurezza del lavoro;3) protezione sociale adeguata e sostenibile e accesso ai servizi sociali di alta qualità. Nell’aprile 2017 la Commissione ha presentato il „Pilastro dei diritti sociali“ [4]e il 17 novembre 2017, al Vertice sociale di Goteborg, sull’occupazione equa e la crescita, il Consiglio dei capi di stato e di governo europei, lo ha solennemente proclamato.
Se leggiamo le priorità enunciate dalla Relazione sullo Stato dell’Unione 2018, non bisogna lasciarsi sfuggire che il „Pilastro europeo dei diritti sociali“, si sta concretizzando con alcune iniziative, ma che però nella citata Relazione compaiono nella priorità denominata „Mercato interno più profondo e più equo con una base industriale più solida“, una priorità a prima vista economica.
Un’altra conferma dell’avanzamento del pilastro sui diritti sociali, va ricercata nelle proposte del Bilancio 2021-2027, ma la si trova solo andando a vedere come é ridefinito il nuovo Fondo sociale europeo „plus“, che tra le altre cose finanzia anche questo pilastro, all’interno della politica di coesione.


  1. A proposito della povertà, è da segnalare che il FEAD (fondo europeo di aiuto ai più deprivati), istituito con un regolamento del 2014 (UE 223/2014) [5]- e quindi a rischio con il nuovo bilancio pluriennale, perché é nato senza l’ancoraggio ad una base giuridica più forte – é confluito con altri fondi nel nuovo FSE plus.


# Il nuovo FSE plus purtroppo é diminuito (anche l’uscita del Regno Unito dall’UE pesa) ma deve essere esplorato per le sue potenzialità, poiché é destinato ad accogliere precedenti fondi e progetti. Nella proposta della Commissione per il nuovo bilancio, vi dovrebbero confluire, oltre al FEAD, anche: il fondo ESF, lo YEI (Youth employment initiative), il Programma europeo per l’occupazione e l’innovazione sociale e i programmi europei per la salute. Poiché l’FSE plus é un fondo strutturale che ricade sui singoli stati attraverso una complessa negoziazione che impegna il governo e le regioni, che sono responsabili di attuare le singole politiche, é importante cogliere questo cambiamento e presidiarne l’applicazione. Infatti i fondi strutturali europei, anche se prevedono il cofinanziamento da parte dello stato che ne beneficia, sono aggiuntivi alle risorse statali e regionali. Non sono sostitutivi. Per esempio, le regioni non possono disimpegnarsi dal finanziare i servizi nel campo del welfare sociale e dal garantirne la continuità, perché si avvalgono dei finanziamenti europei ( che per loro natura sostengono progetti temporanei finalizzati a migliorare i servizi).


  1. Un terreno molto delicato é quello della tutela della salute. L’Unione Europea interviene in modo efficace con due politiche importanti ma settoriali, che riguardano la salute pubblica e la sicurezza dei prodotti alimentari. Non ha competenze di intervento sui sistemi sanitari nazionali, ma è solo agli stati nazionali che spetta il compito di organizzare l’assistenza sanitaria e di garantirne il funzionamento. Quindi, il permanere del diritto dei cittadini all’universalità delle cure -che é legato all’impianto e all’organizzazione dei servizi sanitari di ogni paese- é assicurato ai cittadini europei da ogni Stato nazionale.


Nelle proposte per il futuro bilancio dell’Unione, si prevede che nel settore salute potranno intervenire più fondi ( FSE plus, Horizon europa, rescEU, FESR, Digital Europe, InvestEU), ciascuno dei quali però é finalizzato ad un particolare aspetto ( la protezione dei cittadini, la ricerca e l’innovazione medica, le trasformazioni digitali in materia di salute, e così via), che può sostenere il miglioramento dei servizi sanitari.
L’Unione europea non manca di sensibilità per l’aumento delle diseguaglianze in Europa e per l’incidenza del problema salute. Dal 2010, ogni due anni, compare una relazione che dà conto delle diseguaglianze in termini di salute e dei progressi die sistemi sanitari in tutta l’UE. Si tratta della relazione „Heath at a glance“ a cura della Commissione Europea e dell’OCSE. La più recente é stata pubblicata nel novembre 2018.
„Investire nella salute“ é il documento della Commissione europea, allegato al pacchetto degli investimenti sociali per la crescita e la coesione adottato nel 2013. Esso era stato preceduto dalla Strategia europea per la salute, adottata nel 2007.
Una azione congiunta sulle „Diseguaglianze di salute (Health equity in Europe)“ é stata lanciata dal commissario europeo per la salute e la sicurezza alimentare. Avviata nel giugno 2018, coinvolge gli stati membri, ha una durata triennale con un budget stimato di 3,125 milioni di euro. Il coordinamento di questa azione congiunta é stato affidato all’Istituto Superiore di Sanità di Roma.

Siamo consapevoli che al centro dei cambiamenti più importanti dei servizi per la salute, c’é l’indebolimento die servizi pubblici, ancorché misti pubblico/privato. Ma salute e assistenza stanno diventando terreni su cui si stanno sempre più misurando aziende private e assicurazioni, mentre i servizi pubblici stanno arretrando. L’aggressività delle grandi società nazionali e multinazionali e die fondi sovrani che operano in questi campi, sta creando mercati inediti in pochissimo tempo, dove si assiste alla progressiva concentrazione di imprese.

In questo settore, le azioni mirate alla tutela del diritto alla cura della salute da parte dell’Unione sono troppo lente e circoscritte per incidere sul processo di trasformazione dei servizi sanitari.

Questo é forse un terreno in cui dall’Europa sociale occorre chiedere aiuto all’Europa economica e alle politiche della concorrenza ?



  1. Spiegare che deriva da del 2012 ecc.
  2. Per esempio la Commissione ha proposto che InvestEU finanzi infrastrutture per la salute
  3. A questo proposito, è stato presentato nel 2018 un progetto per creare un Sistema di assicurazione europeo contro la disoccupazione, elaborato da un gruppo di lavoro dell’Università di Amsterdam, coordinato dal prof.Frank Vandenbrouke.
  4. Vedi anche il Documento di riflessione sulla dimensione sociale dell’Europa, presentato dalla Commissione nel 2017
  5. Con il ridimensionamento della PAC (Politica agricola comune), non è stato più possibile utilizzare le eccedenze alimentari per il soccorso alle persone più indigenti. Poiché la Corte di giustizia europea aveva accettato il ricorso di alcuni paesi europei e aveva sentenziato che la competenza per questi aiuti era in capo solo agli stati, la Commissione Europea aveva deliberato con il citato regolamento lo stanziamento del fondo FEAD, che è stato assegnato agli stati per aiutare le persone più indigenti, che non hanno casa e non sono in grado di acquistare il cibo.